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LA METAFORA DEL CALCIO

L’ARBITRO  PIERLUIGI COLLINA

2 MAGGIO 2017 – Finite le celebrazioni stereotipate del Primo Maggio, festa del lavoro anche per chi non lo ha mai avuto o perso, si rimane a ragionare sul Trump a sorpresa, piuttosto che sul Renzi bis scontato o la sfida transalpina tra Macron e Le Pen … Per il resto, per un mese parleremo ancora di calcio con la Juventus lasciata sola in vetta al Campionato e possibile protagonista finale in Champion League. Nessuna novità, nessun fattore emotivo, fintanto che non si realizzi veramente la parabola del Vangelo secondo Matteo, che vede premiare gli “ultimi” al posto dei primi. E così, ho pensato di mettere insieme due che del calcio s’intendono e hanno in comune una idea motivazionale sulla figura dell’arbitro. Penso a Pierluigi Collina e collega Darwin Pastorin, che hanno scritto due libri diversi sul calcio e la metafora della vita (Le mie regole del gioco e Lettera a mio figlio sul calcio) ma hanno condiviso una considerazione essenziale su colui che ha il potere di condizionare l’esito della partita, ovvero che per fare l’arbitro, a prescindere dalla condizione infima o altissima del contesto, deve avere davvero la vocazione e il carattere giusto. Dunque, nel raccomandare la lettura dei due bellissimi volumi a ragazzi ed adulti, vi lascio alla romantica idea di Pastorin e Collina su chi sceglie di stare in mezzo, tra contendenti in campo e fuori…:”Io proverò sempre tenerezza per quei giovani che , ancora oggi, vanno ad arbitrare in trincea, protetti soltanto dal loro coraggio. Giovani che la domenica rinunciano alla gita fuori porta o al cinema con gli amici per dare inizio , in perfetto orario, a quel rito laico che, figlio mio, ci vede abbracciati e in attesa, pronti a gioire per una rete della nostra squadra o a essere tristi per quel gol che, insomma, potevamo anche evitare. Senza l’arbitro non avrebbe senso il calcio: è possibile giocare senza portiere e centravanti, non senza quell’uomo che corre, corre e corre senza mai poter toccare la palla. Segnare. E poter almeno ricevere, almeno una volta, un applauso sincero. Un applauso lungo . Un applauso da far venire i brividi”.

Ruggero Alcanterini

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Ruggero Alcanterini

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