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LA GUERRA DI TROIA – L’editoriale del Direttore

Sono passati ormai più di tremila anni, ma questa diaspora sanguinosa, che sembrava chiusa da una genialata di Ulisse, appare come tutt’altro che finita, confinata nei versi Omero e di Virgilio, piuttosto che pacificata tra gli ulivi di Giove Olimpico. Da quel che si riverbera, nel clangore dei tamburi, s’intuisce che Achei e Troiani non aspettino altro che la riproposizione del ratto, che ieri fu di Elena e domani sarà di quel che resta di antichi mefitici processi, di quel liquame, di quel gas che gli dei, maligni, ci propinano da un paio di secoli come presunta delizia e certa croce. Se al tempo degli eroi e dei semidei, si confrontarono Paride ed Agamennone, piuttosto che Ettore ed Achille, oggi sono in campo Recep Tayyip Erdoğan e Alexīs Tsipras, ma anche Emmanuel Macron e Angela Merkel, nella veste di mediatori necessitati, posto che i deterrenti della NATO e dell’ONU valgono tanto quanto quelli degli auspici olimpici in versione moderna. Le mire dell’attuale successore di Ataturk, protagonista della rivincita contro gli Achei già nella Guerra Greco–Turca, tra il 1919 e il 1922, si sintetizzano nel minaccioso monito di ieri verso Atene e nelle recenti vicende siriane e libiche, quando prima ha portato gli americani a rinnegare il patto di lealtà con il Popolo Curdo e poi non ha esitato a ribaltare gli esiti del conflitto libico in barba ai sovranisti egizi, ai ricchi emiri e alle volpi francesi, avendo come obiettivo d’antico retrogusto la riaffermazione della filosofia ottomana, quella che porterebbe ad allargare i confini dell’influenza ben oltre le acque territoriali cipriote e ben oltre la Basilica di Santa Sofia, di nuovo trasmutata in Moschea. In realtà molto di quel che avviene è sottovalutato. L’Europa del MES ostenta senza pudore il suo ventre molliccio e paga, paga con i miliardi della BCE, al cinico ed avido “saladino”, il disturbo per migliaia e migliaia di biblici migranti, generati sui confini orientali e trattenuti a tempo su quelli occidentali. Quanto avvenuto pochi giorni fa con l’immane botto di Beirut sembra già rimosso dalla nostra memoria, a fonte di fattori emotivi più diretti, come il dramma di Caronia e la riapertura delle scuole sotto lo schiaffo del Coronavirus, ma in realtà molto di quel che avviene con il costante invasivo afflusso di migranti barbuti alle nostre marine non è altro che il perverso riverbero delle vecchie e nuove vicende troiane, di cui non abbiamo la giusta percezione. Altro che visite di cortesia, appelli e bonus ai tribali libici e agli stressati tunisini, la vera partita si gioca su di una scacchiera ben più ampia e complessa, di cui occorrerebbe avere consapevolezza e conseguenti capacità dell’agire internazionale. Diversamente, checché protesti il Governatore Musumeci, checché decidano a Bruxelles il prossimo 23 di settembre per la ripartizione dei migranti, come avvenne il 23 di settembre dello scorso anno a Malta, la situazione che ci riguarda continuerà a gonfiarsi e a degradare senza riparo nell’irrazionale insostenibile disagio, che stiamo vivendo, senza riuscire a capire da che parte stiamo, come quando lungo l’Italico Stivale sbarcò più volte Enea, profugo da Troia, di spiaggia in spiaggia, sino a Castrum Inui nel territorio dei Latini, per segnare il loro ed il nostro destino.

Ruggero Alcanterini

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