– Due giorni fa ho fatto con la fantasia il mio primo straordinario bagno di stagione, giusto dove convergono meraviglie di questa terra italica, inconsapevole della fortuna laddove, sotto lo sguardo vigile del longobardo Castello di Arechi, Salerno gode rilassata nella sua cornice fatta di verde e d’azzurro, ornata a destra e a manca dai gioielli amalfitani e cilentani. Con i colleghi giornalisti della Campania, con i protagonisti del divenire dello sport, ci siamo incontrati nell’ultimo presidio di coloro che caparbiamente considerano il remare un privilegio e non una condanna, il Circolo Canottieri Irno. Il tema affidatomi dal Presidente degli “Azzurri”, Renato Del Mastro, era fatto di “lana caprina” , ovvero comprendere quale fosse o quale sia la chiave d’accesso al blasone olimpico, al programma dei Giochi in versione estiva, piuttosto che invernale. Il motivo è chiaramente umano, nel bene e nel male, com’è umano discuterne insieme a coloro che loro malgrado vivono da “esclusi”, pur essendo tra i protagonisti della storia dello sport, rappresentanti di movimenti universali fatti di milioni e milioni di praticanti. Questo il caso della triestina Silva Stibilj, gloria italiana tre volte “iridata” del pattinaggio a rotelle, nel settore particolarmente virtuoso della danza. Non vi nascondo che, ripercorrendo la storia delle incongruità del sistema olimpico, si trovano “perle” incredibili, ma ci si trova anche di fonte ad una tale massa potenziale di opportunità da suggerire formule nuove ed alternative, ancorché migliorative dei livelli partecipativi, meritocratici e di suggestione. Allora, perché non ampliare il programma aumentando gli sport oltre i 28 attuali, portando ai Giochi il meglio del meglio di tutte le discipline con semifinali e finali dirette, dopo aver smaltito i preliminari altrove, premiando le aspirazioni organizzative di tanti paesi nel mondo, altrimenti in fila e in attesa per decenni se non secoli?