L’Italia è già agli ultimi posti in Europa per numero dei laureati, ma la situazione che si prospetta per l’immediato futuro non è rosea, anzi. L’effetto del calo demografico, tema ampiamente trattato (a parole) nella penisola, avrà necessariamente una conseguenza anche sul numero di iscritti negli atenei italiani, banalmente perché ci sono meno persone. Probabilmente non è l’unico fattore, ma è certamente importante. Dall’ultimo report uscito (di Area Studi Mediobanca) relativo ai dati delle immatricolazioni, emerge un calo del 21,2% nel solo 2024, con prospettive di crolli anche negli anni a venire.
I cali più vistosi sono concentrati nelle zone del Mezzogiorno, con gli atenei tradizionali che paiono già in strutturale difficoltà rispetto ad altri centri del Nord Italia. Viceversa, la situazione appare diametralmente opposta considerando gli istituti telematici. Negli anni della pandemia l’aumento di immatricolazioni è stato a tripla cifra (+410%), ma se questo può essere gonfiato dalla particolare situazione del tempo, si è visto che in anni più recenti, pur essendo più contenuto, l’aumento è evidente. Tra i lati positivi legati all’intraprendere un corso di laurea triennale online piuttosto che un master o una magistrale vi è senza dubbio la possibilità di abbattere il costo dell’alloggio, magari limitato solo al momento dell’esame, se previsto in sede. Più in generale però, offre il vantaggio di mantenere un’occupazione lavorativa stabile e massima flessibilità in relazione al seguire le lezioni, avendo la possibilità di collegarsi online quando lo si ritiene più opportuno.
Tornando però agli atenei considerati tradizionali, secondo le prospettive, si toccherà quota -30% di iscrizioni in regioni come la Sardegna, la Puglia, la Basilicata e il Molise. Va considerato che il dato relativo al 2024 è su base nazionale e gli impatti più negativi arrivano dalle regioni del Sud: questo è evidente guardando invece a quanto fornito dalle università ubicate nel Nord, con il Nord Ovest che ha realizzato un +17,2% e il Nord Est un +13,4%. I dati qui menzionati fanno riferimento a quelli che sono quelli forniti dalle università considerate tradizionali, il discorso può essere differente a proposito degli atenei online come Unicusano, su cui però l’impatto del calo demografico avrà in ogni caso un effetto (come riguardo altri aspetti della vita quotidiana di tutti). Ad oggi l’impatto su questi atenei risulta essere nullo, con una crescita esponenziale negli ultimi anni, che si traduce in un’offerta formativa più ampia e una maggiore assunzione, tanto di corpo docente quanto di personale amministrativo.
Un elemento che potrebbe mettere un argine a questo inesorabile calo (che andrebbe inevitabilmente ad avere conseguenze anche sulla qualità e quantità dei servizi offerti) è la possibilità di diventare poli attrattivi anche per gli studenti stranieri. Anche sotto questo punto di vista, in ogni caso, il Mezzogiorno risulta penalizzato: tra coloro che sono attualmente iscritti, solo il 2,5% è straniero, rispetto al 9,5% registrato nel Nord Italia. Sicuramente una crescita, ma la percentuale resta ben al di sotto rispetto ai dati di grandi università straniere. Citando ad esempio l’Università di Maastricht, il 43% degli iscritti sono studenti internazionali. Questo è un tema su cui gli atenei tradizionali paiono non volersi focalizzare più di tanto, anzi: è notizia recente l’avvio di un programma di mobilità (in partenza nel 2025) tra atenei italiani, incentivando una sorta di Erasmus all’interno della penisola italiana.
Un altro aspetto che può in un qualche modo mettere un argine a questo calo di immatricolazioni può riguardare il tema relativo ai costi. Recentemente il PNRR (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ha messo a disposizione nuovi fondi per la creazione di alloggi, creando un numero di studentati molto maggiore rispetto a quello attualmente disponibile.
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