Questa è la famosa differenza che c’è tra il dire e il fare, care ragazze e ragazzi! Appunto, quel pensare “tantrico” e quel non agire di conseguenza, di non avere sufficiente determinazione per fare quel che veramente vorremmo. Insomma, il “platonico” come fattore educativo occidentale, quel vorrei ma non posso, che tante volte ci ha rovinato l’esistenza, ma che forse ci ha salvato dalle imprevedibilità della umana ventura. Del resto, lo sappiamo che ogni volta che decidiamo di trasgredire ne paghiamo puntualmente le conseguenze, come raffinato piacere, come masochista decisione di sbagliare sapendolo, nel supremo intento di non farci condizionare dal “grillo parlante” che è pur dentro ognuno di noi. Epperò, non possiamo nemmeno accettare l’idea che ciò che non ci conviene debba essere eluso, come capita ai capi mastri dell’opportunismo e della burocrazia. Senza il coraggio di rompere gli schemi, di governare, di osare agonisticamente, di fare avance in amore, di mettere la faccia da qualche parte, non potremmo navigare verso il futuro, ma solamente vegetare. Ecco, vegetare – che di questi tempi stravolti da fattori inquinanti non sarebbe poco – è un insulto alla nostra esistenza, al dono prezioso e irripetibile della vita, salvo miracoli. E allora? Allora, prendiamo il coraggio a due mani, rinunciamo alla filosofia menefreghista, riconosciamo senza partito preso meriti e bisogni, demeriti e colpe, abbracciamo gli amici e trattiamo energicamente i nemici. Sorridiamo con energia cosmica all’eros, a chi ci sorride e non pieghiamo la testa a fronte di chi vuol male. Dire pane al pane e vino al vino, dichiararsi, non sarà diplomatico, ma sicuramente è liberatorio. Infine, recuperiamo quel che una volta concludeva gli annunci economici : “No perditempo !”.