E così è volato tra gli iperborei anche l’irriducibile Hug Hefner, un ragazzo di appena novantuno anni, che passerà alla storia come l’inventore di Playboy, l’isola che non c’è dell’edonismo pop, popolata di conigli dalle lunghe orecchie, esclusivamente di sesso femminile.
Volendo fare il paragone con l’ideatore del concetto di Fair Play, un certo William Shakespeare, diciamo che la differenza è relativa, perché in natura anche la lealtà e il rispetto sono fenomeni rarissimi, tali da essere premiati con cerimonie particolari.
Il primo numero di Playboy , nel 1953, aveva in copertina una certa Marylin Monroe, coetanea di Hug, rimasta nell’immaginario collettivo come un sogno “patinato”, il prototipo di una donna idealizzata nella sua femminilità, senza se e senza ma, trasformata dalla sventura in una icona, un simbolo, come Nefertiti o come la Gioconda, del mistero che da sempre circonda le donne, dotate di certo di una marcia in più da madre natura, anche se i “sauditi” soltanto ieri hanno mostrato a denti stretti di volerlo riconoscere, almeno al volante.
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