– Oggi ricorre il ventesimo anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle di New York, quando anche gli Stati Uniti persero la loro invulnerabilità, vittime di un fenomeno partenogenetico, che aveva creato quei mostri utili alla necessità industriale delle guerre e parlo di personaggi come Saddam Hussein e Osama Bin Laden, personaggi chiave della inarrestabile perversa diaspora, che continua ad insanguinare e destabilizzare quattro dei cinque continenti, con centinaia di migliaia di morti e milioni di migranti alla mercè dei trafficanti. Prima al-Qaida e poi ISIS, piuttosto che altri “bad men” come Mu’ammar Gheddafi e Bashar al-Assad, avrebbero giustificato quella che era una Apocalisse annunciata e voluta, nonostante la logica più elementare lo sconsigliasse. In tutto questo, ci hanno messo del loro diversi grandi, che normalmente sedevano al tavolo salottiero del G8/10/20 e in particolare Tony Bair di concerto con George Bush e Nicolas Sarkozy. Soltanto quando lo tsunami di sangue è piombato sul World Trade Center e sulla Torre Eiffel, piuttosto che nella Metropolitana di Londra, si cominciato a capire che la politica del tanto peggio a casa degli altri e del tanto meglio in casa propria, con la globalizzazione, non funziona più come una volta. Venti anni dopo, dunque, nel commemorare le vittime dell’Apocalisse a New York, prendiamo atto della fallimentare strategia che da decenni va minando i rapporti tra le collettività che affollano il Pianeta. La fuga da Kabul con il trionfo talebano
è sembrata una tragica pantomima finale, ma purtroppo rischia di essere soltanto un ulteriore brutto capitolo di una storia pessima, in corso di scrittura.