Mercoledì, i protagonisti degli scavi che hanno portato alla luce gli straordinari ritrovamenti archeologici di Grotta Guattari si sono ritrovati al Circeo Park Hotel di San Felice Circeo, in occasione del convegno “I Neanderthal al Circeo: la storia mai raccontata”, durante il quale hanno narrato storie inedite riguardanti il loro lavoro.
All’evento hanno partecipato: Giuseppe Schiboni, sindaco di San Felice Circeo; Francesco Di Mario, archeologo funzionario SABAP Lazio; Mauro Rubini, antropologo funzionario SABAP Lazio; Angelo Guattari, delegato ai Beni Culturali del Comune di San Felice Circeo; Mario Federico Rolfo, dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, consulente scientifico degli scavi di Grotta Guattari negli anni 2019-2021; Angelica Ferracci, archeologa degli scavi di Grotta Guattari 2019-2022 per conto della Soprintendenza, e Dario Petti, della casa editrice “Atlantide Editore” che ha recentemente pubblicato il libro “Grotta Guattari, 80 anni dopo la scoperta”, curato da Gilda Iadicicco, conservatrice beni culturali.
“Voglio partire da questo volume – ha dichiarato il sindaco Giuseppe Schiboni – che raccoglie gli interventi del convegno, fortemente voluto anni fa dal delegato Angelo Guattari (figlio dello scopritore del sito neanderthaliano) e organizzato in occasione dell’ottantesimo anniversario della scoperta dei primi reperti presso Grotta Guattari. Quell’evento ha scatenato un effetto domino, catalizzando nuovamente l’attenzione del mondo su questo patrimonio archeologico dell’umanità e dando via a una sinergia fra Comune, Soprintendenza e Università, che ha portato a nuovi scavi e a straordinarie scoperte. Attendiamo indicazioni dai tecnici per avviare una nuova collaborazione al fine di riaprire Grotta Guattari, potenziale volano di una destagionalizzazione del turismo al Circeo. Ci sono delle regole da rispettare e siamo in continuo contatto con la Soprintendenza.”
“E’ emozionante essere nuovamente qui – ha aggiunto Francesco di Mario, archeologo funzionario SABAP Lazio – torno indietro di due anni a quando, pieni di dubbi, ci approcciamo a nuova campagna di scavi in grotta, facendo squadra con i professori Rubini e Rolfo, figure indispensabili. L’importanza di quanto accaduto e dei ritrovamenti la conoscete. Il nostro intervento ha permesso di superare l’ipotesi del cannibalismo rituale che riguardava il teschio neanderthaliano scoperto ottanta anni fa e dare, al contrario, la certezza che quel cranio era stato svuotato del cervello da iene che portavano in grotta il loro cibo.” “A questa storia di morte – ha continuato – si contrappone la storia di vita rinvenuta all’esterno della grotta, dove abbiamo portato alla luce un antico focolare dei neanderthaliani che vivevano fuori dall’antro. Quest’area è uno spaccato di vita di quel popolo, uno scrigno che va protetto e osservato.”
“Parlare oggi di neandertaliani in termini di come erano, che facevano, insomma ricostruire il “tipo neandertaliano – ha commentato il professor Rubini – appare forse prosaicamente obsoleto. Sappiamo molte cose grazie alla biologia molecolare e ai numerosi ritrovamenti in eurasia del loro aspetto morfologico in senso lato, di come era “fatto” un neandertaliano e in parte di come “funzionava”. Quello di cui non si parla mai è del “popolo” neandertaliano, un popolo che attraversò cambiamenti epocali durante il pleistocene medio, convisse con homo erectus, heidelbergensis, denisoviani, a che ne sappiamo oggi, ma uscì da questo fermento di geni e cambiamenti socio-culturali-ambientali come un vincitore . Questo lo dimostra la demografia del popolo neandertaliano che sopravvisse in tutta l’eurasia per 300.000 anni. Noi sapiens occidentali così giovani ci riusciremo? Chissà, l’unica cosa certa è che a pieno titolo i neanderthal furono la prima comunità europea.”
La mattinata ha visto anche gli interventi del professor Rolfo e della dottoressa Ferracci che hanno ripercorso gli anni delle ricerche presso la grotta, le problematiche incontrate sul campo, le scelte metodologiche e le difficoltà ambientali, prospettando i risultati ottenuti dall’equipe e le prospettive future della ricerca in un sito che è attualmente tra i più importanti in Europa per lo studio dell’uomo di Neanderthal.
Gli studiosi hanno poi ringraziato della collaborazione il delegato comunale Angelo Guattari, silenziosa sentinella del sito in questi anni e fonte preziosa di aneddoti.
“Questi scavi – spiega Angelo Guattari – hanno alzato il velo sui miei ricordi di bambino, sulla storie che ascoltavo a casa sulla scoperta del sito. Tornando alla grotta ho rivissuto tutto. Nel corso degli anni, la vera storia di Grotta Guattari è stata deformata, allontanata dalla realtà, e il suo ricordo si stava spegnendo. Il libro, alla stesura del quale ho partecipato, presenta documenti di archivio eccezionali sulla scoperta della grotta – banca dati neanderthaliana che tutto il mondo ci invidia – mettendo un punto su quanto accadde nel 1939.”
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