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I disastri climatici in Italia e nel mondo sono figlio del Global Warming?

Global Warming significa più calore. La fisica a tal proposito ci informa che il calore non è altro che una forma di energia che alimenta e dà forza al motore atmosferico. Più c’è caldo nell’aria e negli oceani, maggiori e più forti sono le manifestazioni meteorologiche. Ad esempio sappiamo tutti perché lo abbiamo spiegato già più volte su queste pagine, che gli uragani e i tifoni non sono altro che regolatori del clima terrestre. Infatti il calore in eccesso dei mari all’equatore o ai tropici viene raccolto e dissipato alle latitudini più fredde. Guai se ciò non accadesse! A questo punto si comincia a comprendere che anche un solo grado di temperatura globale in più nell’atmosfera attiva quello che stiamo vivendo anche in questi giorni tra nubifragi, esondazione di fiumi e frane le nostro Paese, immaginate cosa accadrà quando l’aumento della temperatura media del pianeta supererà i 2 gradi.

Da qui la conferenza sul clima che si terrà a dicembre prossimo a Parigi in cui gli occhi di tutta l’umanità guardano con trepidazione, sperando che gli scienziati e i “grandi” della Terra riescano finalmente a trovare una soluzione per scongiurare la catastrofe climatica globale.

Tornando al tema di questo articolo, possiamo affermare con scientifica certezza che all’aumento della temperatura media della Terra corrisponde un aumento significativo dei fenomeni meteo sia come frequenza che come intensità. Se ci fermiamo a valutare la situazione in Italia, dobbiamo prendere atto che da maggio ad oggi ( 18 ottobre 2015) il clima è stato caratterizzato da fenomeni eccezionali, dalle ostinate e insopportabili ondate di calore, alle precipitazioni torrenziali che hanno devastato territori e causato vittime dal nord al sud fino alle grandi isole.
Sia i climatologi che i meteorologi al momento non si sbilanciano più di tanto, tuttavia la ripetitività di certe situazioni anomale meteo–climatiche anche nel nostro Mediterraneo, li trova concordi nel dire che non si tratta più di singoli eventi, ma di una costante che ormai si registra ogni inizio autunno e che porta a considerare che ciò possa diventare una routine stagionale.

C’è voluto un decennio per convincere anche l’amministrazione USA a non dare più retta a quei petrolieri che continuano ad affermare che l’effetto serra è un invenzione di noi ambientalisti, ma a guardare con realtà la situazione del clima che cambia. Lo stesso Obama, finalmente, ha capito che non si tratta più di fenomeni meteo–climatici episodici, ma di un nuovo stato climatico che ormai si è istaurato ovunque e che continua a mutare in peggio. Non sono stati solo gli interventi dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), di altri scienziati e ambientalisti a convincerlo sulla mutata situazione climatica planetaria, ma, invece, la situazione climatica della sua America ( 5 anni di siccità sugli Stati che si affacciano sull’oceano Pacifico, aumento quasi esponenziale dei tornado, più energia negli uragani che si abbattono sulle coste atlantiche, ecc. ). A questo punto Obama ha affermato che a Parigi proporrà una “cura” efficace per scongiurare un ulteriore aumento della temperatura terrestre. Staremo a vedere! Tuttavia sarebbe bene informarlo che, con tutta la buona volontà possibile, non è più possibile scongiurare un ulteriore aumento della temperatura terrestre. L’ultimo rapporto dell’IPCC ci dice che, se anche smettessimo ora di bruciare l’ultima goccia di petrolio, non potremmo più evitare l’innalzamento di due gradi della temperatura globale da oggi al futuro. Questo perché il meccanismo dei cambiamenti climatici che abbiamo avviato sono come un volano che non si ferma più, anzi si autoalimenta. E allora? Siamo certi, come ci dicono gli scienziati, che siamo giunti al livello di non ritorno? Possiamo ancora sperare di contenere i danni e mitigare il clima terrestre?

Chi può dirlo? Forse si e forse no, tuttavia pervade in noi una certa perplessità perché esistono altri fattoti molto preoccupanti ancora poco studiati, ma che in questo breve articolo cercheremo di analizzare. Intanto c’è da aggiungere come elemento di analisi sulla gravità della situazione il fatto che all’inizio del 1900 la CO2 ( uno dei principali gas serra insieme al metano e al vapore d’acqua ) in atmosfera era di 290 ppm (parti per milione ) oggi abbiamo abbondantemente superato questo livello passando a 410 ppm. Qualcuno, i soliti petrolieri e inquinatori atmosferici, spesso ci dicono: “ dov’è il problema? La terra nella sua storia è passata dal ghiaccio a temperature torride più volte, quindi perché preoccuparci?”- A questi esseri in malafede va spiegato che è vero che cambiamenti estremi tra caldo e freddo la Terra ne ha conosciuti moltissimi, ma questi cambiamenti si sono verificati lentamente in millenni e in alcuni casi in milioni di anni, dando così la possibilità sia al mondo vegetale che a quello animale di acclimatarsi e di adeguarsi senza traumi o pericoli di estinzioni di massa.

Facciamo un esempio che avvalora quanto fin qui espresso: all’epoca dell’impero romano, attraverso il carotaggio del ghiaccio della Groenlandia si è potuto constatare che la CO2 presente nell’atmosfera allora era all’incirca di 250 ppm. Dopo 2000 anni, arrivando all’era industriale ( 1900 ), era passata a 270 ppm. Oggi, l’abbiamo visto, siamo a quota 410. Cosa vuol dire? Vuol dire che prima dell’era del petrolio l’aumento della CO2 avveniva in modo lentissimo in migliaia di anni, senza ripercussioni sulla macchina del clima. Oggi invece vediamo che in meno di 200 anni abbiamo quasi raddoppiato la presenza dei gas serra in atmosfera, creando un’accelerazione del fenomeno che il nostro pianeta non ha mai conosciuto. In questo modo si è mandando in tilt tutto il sistema clima, fino a creare crisi profonde sulla stabilità di tutti gli ecosistemi planetari e in particolare su tutta la biodiversità.
Ci sono ora aspetti che pochi conoscono, ma che sono più preoccupanti dell’aumento della CO2 in atmosfera. Ne prendiamo tre in considerazione, i più importanti: lo scioglimento del permafrost terrestre, presente in Alaska e Siberia, il riscaldamento degli oceani e il vapore acqueo. Il permafrost è il ghiaccio intrappolato nell’ultima era glaciale sotto terra, a circa 80/100 cm sotto il suolo e fino ad una profondità di diversi metri. Questo ghiaccio nei secoli ha inglobato oltre che la CO2, il CH4 ossia il metano, quest’ultimo è un gas serra 22 volte più potente dell’anidride carbonica. Ora con l’aumento della temperatura comincia a sciogliersi in maniera preoccupante immettendo in atmosfera il suo carico di gas serra potentissimo. Cosa vuol dire questo? Che se l’accelerazione della temperatura terrestre non si fermerà, in atmosfera sarà liberato tanto di quel metano che potrebbe far salire la temperatura media del pianeta non di 2 gradi, ma in meno di 50 anni di addirittura 4 o 6 gradi. A questo va aggiunto l’altro elemento preoccupante che è quello che più gli oceani si riscaldano e meno riescono ad assorbire i gas serra, anzi, loro stessi potrebbero iniziare a restituirceli in atmosfera.

Non tutti poi sanno che il principale gas serra non è la CO2 né il CH4, ma il vapore acqueo. Esso è responsabile dal 40 al 70% di quello che chiamiamo effetto serra. Le molecole di acqua in sospensione nell’atmosfera catturano il calore irradiato dalla Terra che altrimenti si disperderebbe nello spazio. Più le superfici dei mari, dei laghi e dei fiumi si riscaldano, maggiore è l’evaporazione; maggiore è l’evaporazione maggiori sono le molecole d’acqua che possono catturare il calore. Quindi l’aria calda cattura sempre di più l’umidità nell’atmosfera e di conseguenza le temperature in aumento intensificano ulteriormente l’aumento di vapore acqueo in atmosfera e quindi il cambiamento climatico in quello che a livello teorico è chiamato effetto serra a valanga.

E allora? Non ci sono più tempi per pensare e riflettere, ma solo per agire. Per questo guardiamo tutti al summit di Parigi. La nostra preoccupazione espressa in questo articolo potrebbe sembrare la solita esagerazione di noi ambientalisti, un po’ “catastrofisti”, purtroppo non è così, la vita convulsa di tutti i giorni, la crisi economica, i nostri più profondi problemi esistenziali, ci allontanano dal problema che sta attraversando tutto il pianeta. Tuttavia il summit di Parigi è un qualcosa di molto importante che non può passare nella solita indifferenza, va invece seguito perché si tratta di un grande evento che deve decidere sul futuro del pianeta.
Qualcuno nel passato disse che Parigi valeva una messa, noi oggi diciamo che Parigi vale il futuro del genere umano. Speriamo che non solo Obama, che ha promesso soluzioni “risolutive”, ma tutti i big della Terra riescano a “tirare fuori dal cappello” soluzioni utili all’umanità di oggi e di domani, altrimenti non ci resterà che pregare e chiedere aiuto agli dei.
L’esodo dei “rifugiati ambientali” e il dovere di non fallire a Parigi
di Gian Luca Galletti – Ministro dell’Ambiente – 13.09.2015

Secondo alcune stime potrebbero essere 250 milioni nei prossimi decenni i “rifugiati ambientali”. La desertificazione di vaste aree del pianeta, la perdita di biodiversità che fa venire meno i “servizi” naturali che alimentano molte società rurali, stanno innescando flussi migratori che si sovrappongono e sommano a quelli innescati dalle guerre e dalle persecuzioni politico-religiose. Questa realtà, che è stata anche sottolineata dal Papa, nella sua enciclica, richiede da parte nostra un impegno morale ed etico che deve trovare la sua sintesi politica nella conferenza Onu sul clima del prossimo dicembre.

Il vertice di Parigi non è importante, ma essenziale. Abbiamo problemi comuni che possiamo risolvere solo tutti insieme. La CO2 non ha confini, riguarda tutto il mondo. A Parigi dobbiamo arrivare ad un accordo globale in cui ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. E Italia e Europa sono pronti a farlo.
E’ importante che si affermi la consapevolezza, soprattutto da parte dei grandi emettitori di gas serra come Usa e Cina, che quello dei cambiamenti climatici non è solo un problema economico ma che si tratta di un tema integrato che ha un aspetti sociali e ambientali. Non si risolve solo con i soldi ma con un impegno morale ed etico, come ha detto il Papa.

Mancano meno di tre mesi alla Conferenza mondiale delle Nazioni Unite e il presidente Hollande ha rimarcato la sua preoccupazione per il mancato raggiungimento di un accordo; questo ci impone uno sforzo eccezionale. Parigi non può essere un fallimento. Serve un accordo ambizioso e all’ altezza del problema che abbiamo. Il nostro Paese va lì con questo spirito, sapendo che, insieme con l’ Europa, abbiamo responsabilità storiche e che dobbiamo contribuire più di altri alla soluzione di un problema chiave per il futuro del pianeta.

A cura di Filippo Mariani

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