– Si, questa massima torna giusta ancora una volta e in questo caso gli interessi e la lesa maestà non sono quelli riferibili al Presidente Mattarella, strattonato sulla questione Savona, ma di coloro che in modo spudorato continuano a scommettere sulla condizione di subalternità del Bel Paese. Infatti, paradossalmente, un Governo forte nei numeri ma debole di costituzione, per la qualità eterogenea dell’intesa e del livello della sua composizione, sarebbe stato una manna per i nostri nemici giurati e interessati, ovvero quelli che in Europa ci considerano men che vassalli, quindi valvassori. In realtà, la differenza l’avrebbe fatta per qualità proprio il prof. Paolo Savona, uomo di lunga esperienza e sapienza, pienamente addentro finanche agli aspetti più segreti e inconfessabili dell’operazione euro, che dopo essere stato vicino a Guido Carli in Banca d’Italia, nei primi anni novanta lo vide al fianco di Carlo Azeglio Ciampi, al Governo, in una fase davvero cruciale, quando liquidati i veri titolari della politica e delle istituzioni era stato imposto il prodomo del disastroso cambio lira euro, senza se e senza ma, con la concomitante sciagurata liquidazione delle aziende di Stato e l’avvio del processo di dimezzamento per risparmi, stipendi e pensioni, nonché il raddoppio dei costi per servizi e forniture energetiche che sarebbe arrivato a compimento negli anni duemila. Portare Savona al Governo e per giunta al dicastero di Economia e Finanze avrebbe suonato come una beffa per quelli che hanno tessuto la tela, che ci ha intrappolato in questi ultimi venticinque anni. L’economista Savona, un gigante al confronto di Conte e tutti gli altri ministri, ravveduto o addirittura “pentito” sul ruolo sperequativo della moneta unica a trazione franco/tedesca, collocato nel Palazzo di Via XX Settembre, avrebbe costituito uno smacco inaccettabile, tanto quanto un virtuale ritorno di chi l’Italia la faceva rispettare a costo di pagarne personalmente il conto, come capitò a Bettino Craxi. Costituzione o non Costituzione, articolo 92 o meno, far intendere a chi ha votato per un possibile cambiamento nella politica interna e internazionale, che si è scherzato, è davvero sconcertante, perché equivale ad affermare che il voto ha un significato valoriale relativo. Sappiamo quanto hanno inciso negli anni gli orientamenti dei Presidenti della Repubblica attraverso leggi non firmate e rispedite al Parlamento o alla Corte Costituzionale, con nomine soggettive di senatori a vita e messa in mora di governi e legislature. Questa volta a Mattarella forse , dopo tanta e magari eccessiva temperanza, è scappata la mano, con un pollice verso che può apparire pretestuoso, proprio sull’unico nome di valore, ancorché autonomamente orientato, non allineato in modo eurocentrico. Probabilmente, colpendo Savona si è posto di fatto il veto su tutta la compagine di un governo che minacciava di cambiare registro su molti aspetti della convivenza comunitaria, a partire dalla funzione di Paese “materasso”, rispetto alla trasmigrazione africana che, passando per la Libia massacrata dai francesi ai tempi di Sarkozy , deve continuare a trovare accoglienza primaria e definitiva entro confini accuratamente sigillati, i nostri. Mentre andava in onda la grottesca conclusione del tentativo di Governo con Conte, Di Maio e Salvini, tra il 26 e il 27 maggio, sono sbarcati puntualmente altri duemilaseicento disperati. Quando gli inglesi hanno tenuto il referendum sull’Europa, andandosene, avevano comunque ancora ben stretta la sterlina , che non avevano mai abbandonato, come fatto dai danesi con la corona. So bene che tornare indietro, per noi, non sarebbe uno scherzo, ma anche per i monopolisti dell’euro e i padroni di una Europa sbilenca non sarebbe una festa, anzi potrebbe essere l’inizio della fine di un gioco poco leale e pertanto destinato a finire male. Adesso, cosa accadrà? Carlo Cottarelli, Commissario Straordinario per la Spending Rewiew con il Governo di Enrico Letta, poi nominato da Renzi Direttore al Fondo Monetario Internazionale, come la Fornero scelto per un ruolo scomodo, allora non stava bene praticamente a nessuno, quindi figuriamoci ora. La politica delle dismissioni , dei tagli e delle sforbiciate pur di pareggiare il bilancio troverebbe un sistema paese stressato da burocrazia e iniquità, quindi non è certo la cura di cui ha bisogno l’Italia, ma semmai il contrario basato sul coraggio di governare, ovvero l’esigenza e l’urgenza di fare strategiche scelte per riequilibrare lo stato sociale, prioritarie sulla base del mandato popolare, degli esiti del voto e non frutto di ragionieristici ragionamenti, di tagli orizzontali . Infine, però, potrebbe darsi che con Cottarelli lo “spread” si contragga sintomaticamente e allora non potremmo che toglierci ogni dubbio sulla sua sospetta algoritmica natura di questo alieno che minaccia da tempo la nostra serenità di giudizio, le nostre scelte . Per altro verso, chi mette in discussione il comportamento del Capo dello Stato, dovrebbe invece porsi il problema di modificare la stessa Costituzione, che conferisce al Presidente della Repubblica poteri limitati , nel rispetto della sovranità parlamentare, ma comunque determinanti, pur non essendo espressione del voto popolare diretto, ma appunto di quello parlamentare espresso in legislature passate e contesti diversi , con tutti i vizi, i compromessi e i condizionamenti che capitano nel Palazzo, lontano dai sentimenti e dalle pulsioni dei cittadini.