– E sì, il clima era proprio quello giusto e tutto sembrava combinare in contesto pressoché perfetto, fresco e profumato dalla passione, con l’Olimpico diffusamente gioioso, con le impennate della Curva Sud per le esuberanze di Gimbo Tamberi, la profusione dei sentimenti per l’Inno di Mameli in onore del Signor Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in Tribuna, tra Malagò, Giomi e Giorgetti, lì per fare il punto sul nuovo corso salutistico sportivo e la nuova freccia italica, Pippo Tortu. Tutti, alla fine, ce ne siamo dovuti fare una ragione, compresi di come non sia facile svettare al momento giusto, magari nel posto giusto, nell’occasione dedicata ad uno che rendeva esplosive le congiunture astrali, Pietro Mennea. Devo dire, che ieri ho avuto netta la sensazione di un pubblico ritrovato, di una riconciliazione fiduciaria con quello Stadio che ospitò i XVII Giochi Olimpici nel 1960 e che da troppo tempo era ed è afflitto da tifo violento, manufatti invadenti ed eventi senza remore di marketing. Ieri sera, forse, con un po’ più di coraggio avremmo osannato alla sorgente nuova stella dell’Italia che cambia colore, a Yeman Crippa, che se avesse osato ed usato di più quel che ha dimostrato di avere nel cuore e nella mente, sarebbe andato ben oltre il nono posto e la terza posizione nella classifica storica dei nostri “cinquemilisti”, nella gara che proprio all’Olimpico, nel 1957, fece di Vladimir Kuts un semidio . Sicuramente, Gimbo, Pippo e Yeman faranno meglio in un futuro molto prossimo, ma occorre pensare che appuntamenti come quello di ieri possono rimanere unici e irripetibili, come lo furono altri sulla stessa pista, prima con lo “Zauli” e poi dal 2013 con il “Mennea”.