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GLI ANNI DI BEHA

14 MAGGIO 2017 – Non sono mai riuscito a sostituire la dinamica immagine di Oliviero Beha, promettente mezzofondista del CUS Roma, fresco della fusione con il Club Atletico Centrale, con quella dello Zorro radiotelevisivo, dell’editorialista controcorrente, dell’opinionista non omologato, dello scrittore e blogger tutt’altro che scontato, che ci ha lasciato ieri con appena sessantotto primavere alle spalle. Io me lo ricordo ancora bene, come una giovane bella speranza dell’atletica, allenato prima da Sicari e poi da Funiciello, nei primi anni sessanta – quando l’uomo da battere nel mezzofondo era un marchigiano di grande successo, come Gianni Del Buono, emigrato a Roma, proprio tra le file gialloblu del Centro Universitario Sportivo – mentre noi dirigenti della corrente di “Rinnovamento” ci dannavamo per portare Primo Nebiolo alla presidenza della FIDAL. Oliviero, come un fiume carsico, lasciò presto la pista e s’inabissò, con il suo talento di cursore, per riemergere poi tra le pieghe di un giornalismo impegnato tra redazioni e campi operativi dello sport e della società civile. Uno per tutti , Alfredo Berra, non mancò d’influenzarlo e sicuramente gli lasciò il segno, come a tutti noi. E così anche lui passò per la mitica tipografia GATE di Via dei Taurini a Roma, dove all’epoca la melodia delle linotype e il mélange intenso e vaporoso di piombo e inchiostro ti dava dipendenza. Da lì uscivano le copie di Paese Sera, il quotidiano che fu ribalta per Antonio Ghirelli e dove Oliviero esordì, prima di passare per la RAI, transitando per Repubblica e Tuttosport, piuttosto che scrivere di mille altre cose in modo alternativo e di successo. Con Oliviero, eravamo amici latenti con bassa frequentazione, ma in sintonia ogni volta che capitava. Una delle opportunità fu per un bel periodo quella dell’AICS, l’Associazione Italiana Cultura e Sport , di cui condivise diverse opportunità di riflessione e impegno con me ed uno straordinario compagno di viaggio, come Augusto Frasca. Infatti, recentemente, proprio Augusto mi aveva avvertito che la corsa di Oliviero accennava alla conclusione. E lui, puntualmente, ieri, ha prodotto con algida eleganza il suo allungo finale per aggiungersi al coro degli irriducibili utopisti, sognatori e promotori di una umanità diversa, che da Borea ci continuano a ricordare scomode verità…
Ruggero Alcanterini

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