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Francesca Schiavone, dalle forche caudine al Roland Garros

L’origine irpina di Francesca Schiavone è sicuramente una delle componenti che ne hanno fatto una combattente ed una campionessa sulla terra rossa, racchetta in pugno. Agonisticamente longeva, a trentotto anni ha annunciato ieri le sua uscita di scena. Ricordo come fosse adesso l’emozione e l’orgoglio , lo tsunami di ottimismo, esplosi il 5 giugno del 2010 all’annuncio della sua strepitosa vittoria a Parigi nel “Roland Garros”, forse il massimo traguardo mondiale possibile sulla tennisolite. In quel momento il suo nome e la sua immagine, richiamarono l’attenzione sulle sue origini familiari, quelle di una donna milanese di sangue sannita, lo stesso di coloro che , con Gaio Ponzio Telesino, misero sotto le “forche caudine” i Romani nel 321 a.C.; delle donne che passarono al brigantaggio e dettero filo da torcere ai piemontesi, intenti a riunificare l’Italico Stivale, facendo strame dello Stato Borbonico. Francesca si è ritirata dall’agonismo, ma non dall’amato tennis – tre mesi dopo l’analogo addio di Roberta Vinci – e credo valga anche per lei il simpaticissimo motivo fair play “Put the ball and… run!”, sceneggiato in videoclip per il CNIFP dal maestro Fabio Frizzi e dal fantasista Stefano Bontempi, in arte Steven B, che aggiungo in link. https://www.youtube.com/watch?v=-AJjG_ocfII
Tornando al tema da me toccato ieri, quello del Potere dello Sport, penso che questa sia un’altra occasione giusta per ricordare appunto come lo sport, attraverso la disciplina del tennis, abbia testato l’evoluzione liberatoria delle donne che, dopo la tragedia della Prima Guerra Mondiale e la loro presa di possesso di molti ruoli prima riservati agli uomini, dal 1920, proprio con la francese Susanne Lenglen al Roland Garros, da lei poi vinto nel 1925/26, hanno messo insieme grinta e grazia, eleganza ed agonismo, facendo alzare progressivamente l’attenzione sia sulla qualità tecnica del gioco, che sulla leziosità dei gonnellini. La nostra Lea Pericoli, grande icona del tennis rosa in azzurro, è stata per noi la giusta sintesi di questa immagine. Tornando invece alla “gladiatrice” Francesca Schiavone, emula di Nicola Pietrangeli, anche lui straordinario dominatore al Roland Garros nel 1959, mi piace ricordarla anzitutto per essere stata protagonista della più lunga partita femminile della storia del “Grande Slam”, battendo la russa Svetlana Kuznecova, il 23 gennaio del 2011 agli Australian Open, in un incontro, durato quanto due maratone, ovvero un incredibile record di 4 ore e 44 minuti. Ma Francesca, instancabile tennista di lunga lena, concentrata in un metro e sessantasei centimetri per sessanta chili di cuore e muscoli, Collare d’Oro del CONI alla carriera, ha conquistato con il quarto posto nel ranking mondiale, sempre nel 2011 (lo sesso di Panatta nel 1973) uno straordinario palmares, che si può sintetizzare in otto titoli WTA , ma soprattutto nelle 614 vittorie contro le 478 sconfitte nel singolo, collezionate in carriera.

Ruggero Alcanterini

Direttore responsabile de L’Eco del Litorale

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