– E’ come il ritornello di Felicità, quello che ci torna in mente ogni momento della giornata, rispetto a quanto di peggio accade ed alla scontata rassegnazione con cui le notizie vengono accolte, velocemente metabolizzate, quindi rimosse. Questo significa che l’adattabilità dell’uomo è tale, che nutrirsi di uova all’antiparassitario e pesci pasciuti di plastica non ci fa un baffo. Che ci limitiamo alla curiosità per il pazzerellone Kim Jong-un, che spedisce missili a salutare il Giappone, piuttosto che per la riscoperta ovunque in Italia di free-zone autogestite da immigrati non per caso o di fumiganti villaggi rom da anni e decenni sotto il tappeto come la polvere. Non ci si meraviglia che branchi di belve umane imperversino sulle spiagge e nelle piazze, piuttosto che si facciano ancora i conti senza l’oste in Libia o che si speri che tempeste, tifoni ed uragani non si aggiungano a incendi e terremoti, come purtroppo già avviene dove il cambiamento climatico morde con più rabbia. Il fatalismo e il menefreghismo sono le caratteristiche emergenti degli umani, che sono di certo i veri ed unici extra terrestri, che saccheggiano il Pianeta senza ritegno, né vergogna da migliaia d’anni. Essi sono il vero problema, sia che si discuta di emergenza, sia che si goda del presunto effimero, come lo sport e il turismo. Purtroppo, siamo in permanente contraddizione con la logica. Rimarrebbe la giustificazione “arbitrale” della fallibilità umana, ma, com’è dimostrato ampiamente, l’umano rifiuta scientemente il prodotto della sua stessa intelligenza, il soccorso della “macchina”, che sarebbe raccomandato dai tempi di Archimede e poi di Leonardo, di Edison… Il dubbio che ci coglie è che si abbia bisogno di fallibilità, di rifiutare telecamere e droni, perché il margine nebbioso dell’errore, le inconfessabili pulsioni che accompagnano il nostro genere, non avrebbero più spazio e come si sa la trasgressione è pur sempre il sale amaro della vita.