In presenza di tante meraviglie della cultura mediterranea, dell’invenzione della civiltà, della stessa Europa, frutto della visione onirica del passato futuro da parte dei nostri progenitori, io mi ostino a non capire inutili ottusità e rinvii di quel che la coscienza suggerisce in modo inderogabile. Non possiamo distruggere la nostra essenza, le nostre nobili origini, la nostra anima piena di sentimenti impetuosi, ma anche di temperanza e saggezza, oggi rivisitata magistralmente da Alba Gonzales, autrice di “Mito Mediterraneo”, meraviglioso percorso artistico sintetizzato nel Mediterranean Fair Play Award, prezioso bronzo con le sembianze omeriche della Sirena, conferito dal CNIFP a meritevoli principi dell’etica, quali Sergio Pirozzi, Mario Bruno, Maurizio Romiti, Umberto Rocca, Carlo Pedersoli, Francesco Ricci Bitti, Alessandra Sensini e Emmanuele Francesco Maria Emanuele. Ogni giorno che passa, cresce in me la sensazione che non si dia abbastanza valore al tempo perduto, continuando a non voler vedere quel che è evidente. Ecco perché, rompendo gli schemi di un moto perpetuo fatto di disastri annunciati e puntualmente verificati, di pie intenzioni spesso tradite, sento il bisogno di suggerire e contribuire ad avviare un’azione che parta dal semplice ragionamento, dal bisogno di dare un senso logico al nostro agire, al nostro impegno civile, che non può che riverberare i sentimenti di cui il Mediterraneo è millenario custode e portatore. Ho netta la convinzione che lasciare andare in malora anche un angolo del nostro giardino, fatto di meraviglie, dove ogni dettaglio è fondamentale per l’armonico contesto, che ci ha generato e ci ospita, è fatto ben più grave del più orribile delitto che si possa imputare. Non c’è peggiore catastrofe di quella determinata dall’incuria, dalla negligenza, dal dolo degli umani, che sanno essere straordinari angeli ma anche terrificanti demoni. E’ proprio quello che accade con i migranti accolti con i guanti bianchi in mare e poi precipitati nell’inferno dell’accoglienza a terra, inferno dove finiscono letteralmente in cenere i loro ed i nostri sogni, le loro e le nostre speranze. Tornare a riflettere sul nostro melange culturale, la miscela di etnie, di tradizioni, di profumi di colori, di melodie, è la giusta necessaria via per riscoprire appunto le comuni radici e di rispettarle come valori intangibili. Ecco, questo è quello che penso dopo le ore di esaltazione trascorse tra gli antichi travertini e i consunti laterizi di quello che fu ed è il più antico luogo moderno di aggregazione culturale popolare, quello Stadio che fu costruito in tre anni dalle maestranze imperiali di Domiziano, concluso nell’anno 86 e trasformato nella più bella agorà del mondo, tra il 1648 e il 1651, dal genio inavvicinabile di Gian Lorenzo Bernini. Da queste granitiche certezze, da questi sicuri fondamentali elementi partiamo per gli approdi diffusi lungo le coste, il litorale del Mare Nostrum, che nasce e si conclude alle Colonne d’Ercole, passando per Roma, Alghero e Barcellona, prime tra le tappe vocate di un percorso elettivo in fase di rapido importante accrescimento.