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Cultura

Face to face con Marco Tullio Barboni

Un incontro romano fugace ma interessante:  face to face con Marco Tullio Barboni, noto sceneggiatore (anche apprezzato regista), attualmente soprattutto scrittore di successo.

Il Barboni è stato da sempre in contatto con volti indimenticabili del nostro Cinema ed ha proseguito la carriera familiare con tenacia ed indubbio talento. Oggi possiamo definirlo soprattutto un intellettuale prestato alla Letteratura, che sembra pero’ destinata ad essere la sua casa definitiva.

Marco Tullio Barboni e l’Europa: come vedi il futuro dell’Unione Europea? 
Lo vedo con grande preoccupazione, tormentato e conflittuale. Sono sempre stato e continuo ad essere un europeista convinto. Diversamente da quanto che mi accade in altri continenti, provo una indefinibile,confortevole sensazione di “sentirmi a casa” quando mi trovo ad Amsterdam, a Parigi o a Madrid. Avverto chiaramente una sorta di “senso di appartenenza” europeo che vorrei fosse molto più diffuso. Analogamente vorrei fosse anche molto più diffusa la consapevolezza che, pur con tutte le sue carenze e malgrado la miopia, per dirla con un eufemismo, dell’attuale classe politica europea, si tratta di un organizzazione che è stata capace di garantire più di settant’ anni di pace. Chi, come me, ha avuto dai suoi genitori una narrazione di ciò che sono stati gli anni della guerra, non può non considerare la ricchezza inestimabile che un periodo tanto lungo rappresenta. A tutti gli altri, che non hanno avuto una nonna morta sotto il bombardamento di San Lorenzo, un padre spedito con una penosa dotazione di armi e di indumenti a documentare la campagna di Russia e una madre la cui famiglia, spezzata in due dalla Linea Gotica, ha vissuto nell’angoscia di non sapere della vita e della morte dei suoi componenti, a tutti gli altri,dicevo, consiglio di dare un occhiata in giro per il mondo o andarsi a rileggere qualche libro di storia prima di sentenziare circa l’inutilità di un organismo internazionale che può vantare una simile dote.

Sei romano e vivi a Roma; sicuramente la ami,  ma se dovessi tracciarne oggi pregi e difetti, come la descriveresti?
Che sfida meravigliosa e terribile descrivere i pregi e i difetti di Roma! Non basterebbero mille pagine, tanti sono gli uni e tanti gli altri. Per anni ho goduto dell’amicizia di Lino Cascioli, straordinario giornalista, grande amante di Roma, della sua storia e della sua arte. Per tante volte mi sono ritrovato insieme con lui e con altri amici alla Taverna Trilussa dove Lino recitava poesie del Belli, di Pascarella e dello stesso Trilussa. E, insieme, ci riferiva del materiale che aveva scelto per l’ultimo dei suoi tanti libri su Roma. Ricordo che uno aveva per sottotitolo “parole ed immagini sul sublime”. Tutti consideravamo con un certo disappunto che le parole e le immagini più belle di Roma le estrapolavamo dalla nostra memoria mentre il futuro ci appariva consegnato ad una crescente invivibilità. Ebbene, come blanda consolazione a queste considerazioni, Lino ci ricordò una riflessione di Goethe secondo il quale “A Roma si trovano vestigia di una magnificenza e di uno sfacelo tali che superano, l’una e l’altro, la nostra immaginazione”. Diciamo, per non angustiarci troppo, che in duecento e passa anni si sarebbe certamente potuto conservare meglio la magnificenza e combattere con più risolutezza lo sfacelo.

I tuoi dieci libri, in ordine di preferenza, che ti hanno cambiato come scrittore.
Si tratta di opere di autori troppo diversi per epoca, per vicende personali e per stile per poter immaginare di stilare un ordine di preferenza. Preferisco elencarle così come mi vengono alla mente…
”Il petalo cremisi e il bianco” di Michel Faber; ”L’ombra del vento” di Carlos Luis Zafòn; ”Le affinità elettive” di Johann Wolfgang von Goethe; ”Una scandalosa giovinezza” di Alberto Bevilacqua; ”Due pinte di birra” di Roddy Doyle; ”Bel Ami” di Guy de Maupassant; ”Il paradosso sull’attore” di Denis Diderot; ”Memoria delle mie puttane tristi” di Gabriel Garcia Marquez; ”Il lungo addio” di Raymond Chandler; infine  ”Nanà” di Emile Zola.

E come uomo? Sono le medesime scritture o altre?
Devo doverosamente aggiungerne almeno altrettante. Iniziamo da ”Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kanheman; proseguiamo con ”La biologia delle credenze” di Bruce Lipton; e poi: ”Gli insegnamenti di Don Juan” di Carlos Castaneda; ”Il potere di adesso” di Eckhart Tolle; ”Ballando nudi nel campo della mente” di Kary Mullis; ”Il potere dei condizionamenti” di David Hawkins; ”Focus” di Daniel Goleman; ”La matrix divina” di Greg Braden; ”Un altro giro di giostra” di Tiziano Terzani. Chiuderei il cerchio con ”I quattro accordi” di Don Miguel Ruiz.

Cosa sogni di realizzare in questo nuovo anno?
La trasposizione teatrale del mio primo libro, la stesura del terzo e, più in generale, qualsiasi cosa attivi l’energia felice che abita dentro di me.

Un augurio al nostro Paese per il 2019.
Che l’espressione “Italians do it better” si estenda dall’ “attività” a cui viene abitualmente associata a tante altre forse meno piacevoli ma sicuramente altrettanto utili.

Lisa Bernardini

 

Foto cover di Ginevra Barboni raffigurante il padre, Marco Tullio

lisabernardini

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