Da qualche tempo, io e il Comitato che presiedo, quello Nazionale Italiano del Fair Play, andiamo suggerendo un ulteriore soprassalto delle coscienze, quasi una ovvietà, ovvero la scelta prioritaria di promuovere una grande generale transizione etica, che accompagni o se preferite che sia funzionale alle altre, raccomandate a livello comunitario o addirittura pretese dall’emergenza, come quella ecologica e quella digitale.
Così, rompendo imbarazzati indugi, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inteso porre una sorta di primo elemento per la rigenerazione del sistema, partendo dalla magistratura e dalla materia che amministra, la giustizia, che oltre ad essere equa, deve recuperare la sua nettezza, liberandosi di sovraccarichi barocchi ed ideologici, di articolazioni incompatibili con la sua natura e soprattutto ispirandosi -senza se e senza ma- al principio del merito, ovvero delle reali competenze legate alla sua terzietà ed alla fondamentale autonomia, non soltanto nel giudizio, nel rispetto degli altri organi statuali e in primis dei cittadini.
Non vi nascondo che questo appello o se vogliamo monito del Capo dello Stato mi fatto pensare. Dunque, l’dea che le transizioni da compiere siano molteplici e che quella etica, generale, a monte sia propedeutica e fondamentale, non è peregrina. E allora? Allora cominciamo a pensare anche ad un altro settore di straordinario interesse per la società civile italica, lo sport, che incredibilmente non conosce ancora la dignità costituzionale. Sì, perché, anche ieri, al Foro Italico, in occasione della Assemblea Nazionale delle Associazioni Benemerite riconosciute dal CONI e del contemporaneo Convegno sulla Rete Sociale + grande che c’è (per l’appunto lo sport) tra Sala dei Presidenti e Salone d’Onore, s’è giocata una partita apparentemente di routine, ma sostanzialmente strategica… Strategica, perché? Perché vedete, tra i 13 capi delle Benemerite, che dovevano eleggere il vertice del proprio coordinamento e la variegata rappresentanza che si confrontava, attraverso Il Presidente Malagò, i Presidenti delle Federazioni della Pallavolo e della Ginnastica, Giuseppe Manfredi e Gherardo Tecchi, il Presidente del Centro Sportivo Italiano, Vittorio Bosio e l’autore di “E’ IL FUTURO CHE PILOTA IL PRESENTE – IL RUOLO DELLA SOCIETA’ SPORTIVA NEL TERRITORIO TRA IDEA E REALTA’ “ , Roberto Ghiretti, è riemerso tutto il disagio latente, che vincola in basso uno straordinario movimento, quello dello sport sociale, con tutte le sue pulsioni culturali, salutari, inclusive ed educative, che si evidenziano paradossalmente proprio laddove e quando più si alzano i suoi vertici nell’immaginario collettivo, come nel caso delle rassegne olimpiche, europee e mondiali, dove i talenti “azzurri” non mancano mai di stupire.
Si tratterebbe ordunque per la gente dello sport di una vecchia storia, che si trascina e si ripete, di una litania, quasi di una funzione rituale con lai, ammissioni, omissioni e promesse, a meno che non si compia una metamorfosi, appunto una trasmutazione del pensiero, del modo di concepire il cambiamento, che non sia soltanto quello degli euro in più e delle competenze gestionali, come da un settantennio avviene tra il CONI e i Governi, piuttosto che i Partiti, con alterne vicende, che sostanzialmente nulla hanno cambiato, salvo sigle e ruoli meramente formali.
Fatte salve le sacre strutture deputate all’agonismo d’alto livello, insomma il CONI, le Federazioni e i Centri di Specializzazione, lo sport inteso come professionismo e quindi di spettacolo, con tutte le sue ricadute da valutare, la vera “messa a terra” dell’attività fisica, motoria, educativa e propedeutica alla salute per gli italiani di ogni età, censo, sesso, condizione di abilità e cittadinanza, dovrebbe essere vista come la più importante impresa da compiere, come la sfida principale da affrontare, restituendo il maltolto a generazioni e generazioni, che lo sport lo hanno soltanto letto o visto dagli spalti o alla tv. Pensare che 57 milioni, quanti siamo, di cittadini possano esercitare il proprio diritto alla pratica motoria e sportiva, come propedeutica ad una condizione di vita diversa e migliore, ad una sanità d’eccellenza ed a costi diversi con vantaggio della collettività è quanto di più ovvio, ma platealmente eluso, ci sia. Dunque, all’occorrenza, nella prospettiva, dovremo pensare a ben altro che gli attuali stanziamenti e competenze, con un Sottosegretariato – privo di Portafoglio – presso la PCM. Adesso che per il mondo cominciamo a divenire esempio di determinazione, per ver imposto protocolli di garanzia rigorosi, ancorché contestati, per avere ragione del COVID e tornare alla normale socialità, occorre dunque prendere il coraggio a piene mani e stabilire per Legge e con investimenti adeguati in finanziaria, quella inversione di rotta che deve fare della pratica sportiva una vera priorità, purché si proceda contestualmente a fare la relativa transizione, oltre a quella profonda, più generale, etica e culturale, cui appunto si è richiamato ieri Mattarella, riferendosi alla magistratura ed alla giustizia.