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EDITORIALE DEL DIRETTORE – IL GRANDE MOSAICO DELLO SPORT

Di Ruggero Alcanterini

IL GRANDE MOSAICO DELLO SPORT – Giusto due anni fa eravamo alle prese con l’ultima edizione degli Stati Generali, indetti dal CONI e intesi come l’estremo baluardo di una storica resistenza al cambiamento, piuttosto che come ultima opportunità per un tentativo di autoriforma. Alla luce dei fatti, al momento siamo di fronte all’ennesima incompiuta, perché tra i decreti attuativi della Nuova Legge sullo Sport manca proprio quello sulla Governance, su cui non si è trovato ancora accordo. Eppure l’idea di un movimento mobilitato sulla mission della salute attraverso l’attività motoria, oggi più che mai, avrebbe un senso compiuto. Dunque, alla luce di quanto nel frattempo capitato in piattaforma più che in presenza, onestamente sono combattuto tra l’immagine del mosaicista alle prese con l’opera, che sarà completa soltanto dopo la posa dell’ultima tessera e quella di Penelope intenta a tessere una tela senza fine. In effetti, la questione sportiva italiana è rimasta aperta e controversa sin dalle sue origini in quel di Torino, nel 1833, con la chiamata del ginnasiarca svizzero Rodolfo Obermann da parte dei Savoia. Diciamo che il rapporto con il mondo variegato delle discipline sportive, dall’alpinismo alla ginnastica, dal podismo alla danza, dalla caccia, al calcio, al ciclismo… nel mondo della scuola, nelle palestre degli oratori, come dei ricreatori, con le più diverse associazioni originate da motivazioni sempre nobili, ma controverse tanto quanto le ideologie in politica, all’inizio lontane dal mondo olimpico, hanno finito per concentrarsi in un contesto autoreferenziale. Un mondo concluso, compresa la comunicazione, dove il calcio spettacolo e i massimi sistemi dell’olimpismo hanno via via spinto tutto il resto nelle marginalità di quel “Sesto Cerchio”, che si avverte come matrice reale di un fenomeno dalle dimensioni incommensurabili e che non può essere eluso, quello della pratica del gioco e delle attività motorie da parte di chiunque, a prescindere, come fattore sociale, educativo, culturale, salutistico, fondamentale per la qualità della vita, qualsiasi ne sia il livello economico. Ecco, dunque che la questione sportiva vista come straordinaria opportunità sociale diventa strategica, irrinunciabile per qualsiasi collettività che ambisca a considerarsi civile. Ecco quindi che gioco forza i governi se ne debbano occupare direttamente o conferendo deleghe. Nel 1878 Francesco De Sanctis ci dette un magistrale colpo in batteria, istituendo la ginnastica educativa nelle scuole del Regno, ma poi l’Italia, perse le opportunità di crescita proprio legate all’insorgente olimpismo moderno. Rimasta di fatto fuori dalle prime tre edizioni olimpiche da Atene a Saint Louis, passando per Parigi, tra il 1896 e il 1904, la presenza italiana si fece sentire concretamente a Londra nel 1908, con fuoriclasse come Braglia , Lunghi e Porro, ma soprattutto lasciando il segno con il mitico Dorando Pietri nella maratona, non vinta formalmente ma stravinta moralmente. Ecco, quello del 1908 fu il primo anello o se preferite nodo tra politica e sport, di una catena destinata ad aggrovigliarsi e a spezzarsi mai, nonostante diversità di opinione trasmesse dai mentori Angelo Mosso ed Emilio Baumann, le frenate degli scettici Nathan e Gentile, l’entusiasmo dei promotori Ferretti e Turati, il coraggio di Zauli e Onesti, l’inadeguatezza della politica dei governi della prima e seconda Repubblica, nonostante Brodolini, Andreotti, Signorello, Lagorio, Veltroni, la miopia e l’egoismo dei media e del mondo sportivo, che oggi impattano un atteggiamento improvvisamente diverso dei politici e del Governo della terza Repubblica. L’algoritmo delle legislature abbreviate dalle crisi, aveva sin qui impedito che proposte e disegni di riforma del compromesso sullo sport, nato durante il Fascismo, nel 1928 e assestato nel 1942, arrivassero al traguardo, salvo il correttivo Melandri del 1999 con gli aggiustamenti a colore del 2002 e 2004. Adesso, i mosaicisti impegnati nei quadriennali congressi federali e associativi, i vertici del CONI in attesa di un ricambio, il Ministro e il Dipartimento Sport presso la PCM, le forze parlamentari e il Management di Sport e Salute, insomma i rappresentanti dello sport attivo in tutte le sue componenti, dovrebbero andare decisamente oltre i bonus e i ristori, preoccupandosi soprattutto di dare in concreto risposte ai milioni di cittadini che ora come mai sono bloccati o svolgono attività fisica in perigliosa autonomia, con tutte le conseguenze del caso. COVID o non COVID le persone di ogni condizione fisica, sesso età e censo continuano ad essere convitati di pietra in attesa del completamento dell’opera musiva rimasta inconclusa per quasi due secoli. Senza un progetto generale definito e definitivo, senza un adeguato investimento in strutture e relative risorse, ogni cambiamento di cartello in ditta, circolari e programmi, candidature ad eventi e lanci a spot di idee non avranno altro che profilo velleitario e non sortiranno altro che un eterno rintocco di campane a fronte di un continuo suonar di trombe.

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