Di Ruggero Alcanterini
SALTO IN ALTO EVOLUTION – Continuo ad essere convinto che occorre avere le idee, la capacità e non ultimo il coraggio di rompere gli schemi. Di cambiare radicalmente la musica, senza tradirne l’essenza, senza rompere con la nostra cultura dell’armonia e della bellezza, che fanno di una composizione arte. La cosa che ci rende difficile mantenere il trend è la mancanza di stimoli, di sussulti, di voli verso l’alto, della volontà di cambiare dal routinario allo straordinario. Insomma, insisto sull’idea che si passi dalla gestione delle emergenze, dalle riparazioni ad una macchina usurata dal tempo e dall’imperizia alla realizzazione di qualcosa di nuovo. Ma che cosa è che spinge singoli ed intere collettività nazionali alla frode sportiva, dal doping al resto, in tutte le sue declinazioni? Io credo che lo spirito nazionalistico, fatto di medaglieri ed inni, lo spettacolo che deve continuare, la perversa logica del profitto che ispira molti degli attori in campo, anche nel loro ruolo politico, con la raggiunta globalizzazione, ci devo costringere a cambiare spartito. Dunque, occorre avere il coraggio di fare una giusta pausa di riflessione, propedeutica. Quante medaglie, quanti titoli, quanti records sono intrisi di umori mefitici e quante vittime, anche e soprattutto fisiche di uno sport che non sempre fa bene ed anzi, più in alto sale, tanto più rischia di scendere. Uno, uno per tutti, prendo ad esempio di rottura degli schemi il rivoluzionario Dick Fosbury che trentotto anni fa ci cambiò la vita, almeno per il modo di saltare, di volare in alto. Per questo, passo la penna all’amico Giorgio Cimbrico.
“Da quasi quarant’anni l’ingegner Dick Fosbury abita nell’idaho (eletto nel locale Parlamento nelle fila dei democratici), ma il luogo di nascita, giusto 69 anni fa (6 marzo 1947), è Portland, Oregon, che dopo aver dato i natali a John Reed, ha saputo esprimere un altro rivoluzionario. Per citare un titolo di un altro uomo dallo spirito libero, Bertolt Brecht, Dick è l’eccezione diventata regola: dopo Messico ’68 qualcuno disse e scrisse che quello stile si sarebbe esaurito con il suo inventore e appena quattro anni dopo, a Monaco di Baviera, 28 dei 40 saltatori che si presentarono alle qualificazioni adottavano quel modo di saltare. Il primo canto del cigno del ventrale venne offerto da Yuri Tarmak, medaglia d’oro in quell’occasione; l’ultimo, sei anni dopo, da Volodja Yashchenko. Fosbury è quel che è Picasso è stato per l’arte, James Joyce per la letteratura: uno che ha cambiato le regole in corsa. O meglio, staccandosi dal suolo dopo una rincorsa in diagonale, una curva, l’offerta della schiena all’asticella, tutto a una velocità impensabile per i potenti adepti di quello che in America veniva etichettato “straddle”.
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