Di Ruggero Alcanterini
LA FORTUNA DELLO SPORT – Con il Consiglio Nazionale di oggi il mondo olimpico italiano ha una prima occasione per riflettere, specchiarsi in quella polla sorgiva da cui si continua a manifestare, da quando prese le mosse il movimento, giusto nel 1896 ad Atene, quando nella prima edizione dei Giochi moderni furono proprio il conte Mario Lucchesi-Palli e il duca Riccardo Carafa d’Andria, membri italiani del CIO, a notificare l’esclusione per “professionismo” al povero Carlo Airoldi, che probabilmente avrebbe vinto la maratona, con tanti saluti al mitico Louis Spiridon. Adesso, centoventitre anni dopo, potremmo piangere ancora su quel latte versato, che forse avrebbe segnato diversamente la storia del nostro sport, affidata per i primi anni del secolo scorso alla decisa spinta promozionale della stampa sportiva e in particolare de La Gazzetta dello Sport, prima verdina con la ciclistica tripletta e poi rosea. Ma tant’è, “cosa fatta capo ha” e se Parigi gode della terza assegnazione quale sede dei Giochi per il 2024, la cosa ci riguarda per via dell’ennesima rinuncia alla candidatura di Roma, due anni fa. Dopo le fantasiose scelte di programma fatte già a Rio tre anni fa e le prossime annunciate per Tokio, il prossimo anno, i cugini francesi si stanno allargando per andare oltre i virtuali e lo skateboard , l’arrampicata ed il surf, puntando alla breakdance e alla maratona aperta a tutti i “tapascioni” del mondo. Beh, non c’è che dire, la prospettiva è tale, che i sacerdoti del tempio stanno ripiegando le tuniche e tagliando le barbe. Diciamo che l’universalità dello sport è quella per tutti, senza distinzione di censo, colore, sesso, religione, valore tecnico, ma anche di tradizioni, culture, condizione fisica, età. E pensare che dalle nostre parti, per settant’anni ci si è azzuffati sull’autonomia dello sport, rivendicando lo sport agli sportivi, senza capire dove andava il mondo, proprio in ragione della formidabile spinta data all’evoluzione sociale dallo sport come movimento, come straordinario mezzo di crescita per la qualità della vita collettiva. Adesso, partendo dal presupposto che la meritocrazia sul podio rimane un valore inalienabile, si aprono nuovi spazi, orizzonti straordinari per i detentori e i promotori dei valori dello sport, da quelli storici, culturali a quelli sociali, alla possibilità che, per il tramite del movimento sportivo, cresca davvero la nostra società civile.
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