Di Ruggero Alcanterini
NON SCHERZIAMO – Potrebbe essere una fantasia letteraria di Verne o Asimov, un film per gli amanti dell’horror, un brutto sogno, ipotesi scientifica per il rebus delle cicliche estinzioni di massa subite dal mondo animale e vegetale generato dal Pianeta Terra, COVID 19 infinitesima particella killer nell’infinito cosmico. E invece? Invece sembra essere una brutta, orribile, incontrollabile realtà, i cui margini indefinibili sono in costante progressivo geometrico tralignamento. La superficialità, la presunzione, l’arroganza ed il cinismo di chi ha ruolo di responsabilità nel mondo degli umani, ormai globalizzato per numeri e fatti, proiettato verso il traguardo degli otto miliardi nel breve termine e degli undici per la fine del secolo in corso, non accennano ripensamenti. Ma è mai possibile che non ci venga in mente, che non ci sfiori l’idea che la dilatazione della presenza e delle attività antropiche, fuori delle regole naturali, proprio per via dell’anomalia che ci fa diversi, luciferini rapiti dall’illusione dell’immortalità, non collida con quegli equilibri che dovrebbero essere assolutamente rispettati per sopravvivere, prima ancora che per vivere e morire secondo il ciclo che ci è proprio? Sembra che dall’avvento riconoscibile, dalla preistoria, da cinquantamila anni ad oggi, la presenza alternata degli umani nel tempo abbia totalizzato una cifra intorno ai centoquindici miliardi di individui che, tra difficoltà sociali, catastrofi naturali, guerre e pandemie di varia origine hanno comunque via via saccheggiato il disponibile sino alla attuale saturazione. Mille anni fa, nel nostro oscuro Medioevo , su Gaia imperversavano appena quattrocento milioni di nostri progenitori, per raggiungere il miliardo nel 1804, giusto l’anno della proclamazione di Napoleone ad Imperatore. Dopo poco più di un secolo, nonostante la follia suicida della Prima Guerra Mondiale, nel 1927, eravamo comunque al raddoppio per aggiungere poi un altro miliardo in appena trentatré anni, pur avendo subito lo strame apocalittico della Seconda Guerra. Nel 1960, con i Giochi della XVII Olimpiade moderna, a Roma, l’umanità celebrava la riconciliazione e la conclamata ripresa dello sviluppo economico con la coniazione di uno stile di vita dolce, con l’illusione che il diritto alla felicità si affermasse attraverso un benessere che si sarebbe rivelato via via effimero. La politica? Le ideologie? Le religioni? I sovranismi? I banchieri ? Sì, tutti sono coattori, buoni e cattivi, di una continua risacca, in cui gli elementi inquinanti si miscelano, creando imprevedibili fenomeni trasmutanti la fantasia in realtà e viceversa, sino a perderne il conto ed il controllo, almeno fin tanto che non riusciremo a capire che occorre guardare oltre la punta del naso, oltre il proprio uscio. E’ chiaro che, con il senno di poi, se è più importante la salute, avremmo dovuto e dovremmo difendere con i denti l’ambiente, piuttosto che distruggerlo senza coscienza, senza remore. E’ ovvio che dovremmo investire anzitutto in ricerca e presidi sanitari, piuttosto che in armamenti, che dovremmo aborrire senza mezzi termini i combustibili fossili, le sostanze killer a cominciare da pesticidi e amianto, spostando l’economia sull’energia pulita senza compromessi di sorta, incentrando leggi e codici comportamentali sulla salvaguardia del “creato”, ovvero acqua, terra, aria, mondo vegetale ed animale, di cui siamo stati e siamo pro tempore irresponsabili custodi. Voi vi chiederete ed io mi chiedo, ma come, con chi, quando potrebbe essere possibile una correzione di rotta? Quando, se non prima di andare a sbattere senza riparo? Appunto, il problema è che non siamo pronti e forse non siamo adatti, ma incapaci a prescindere, posto che prevalgono visibilmente i sentimenti peggiori proprio nei momenti dell’emergenza, con tanti saluti alle mascherine ed ai disinfettanti, ai migranti untori, ai nichilisti d’oltre Manica, agli scettici d’oltre Oceano, agli illusi dell’Europa comunitaria ed agli impietosi dell’Europa eurocentrica, mentre gli italici sperano in Marco Polo e cantano dalle finestre, come nel 1956 …
La prima rosa rossa è già sbocciata
E nascon timide le viole mammole
Ormai, la prima rondine è tornata:
Nel cielo limpido comincia a volteggiar
Il tempo bello viene ad annunciar
Aprite le finestre al nuovo sole
È primavera, è primavera
Lasciate entrare un poco d’aria pura
Con il profumo dei giardini e i prati in fior
Aprite le finestre ai nuovi sogni
Bambine belle,
Innamorate
Ch’è forse il più bel sogno che sognate
Sarà domani la felicità:
Nel cielo fra le nuvole d’argento
La luna ha già fissato appuntamento
Aprite le finestre al nuovo sole
È primavera, festa dell’amor …
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