Di Ruggero Alcanterini
TUTTO A CARTE QUARANTOTTO ? – E così eccoci , apparentemente ad un passo dal mandare tutto a carte quarantotto, ma in realtà sin dallo scorso anno, anno con l’otto, dentro al polverone rivoluzionario internazionale dalle possibili imprevedibili conseguenze, in questo come in altri casi legate a due fattori per nulla irrilevanti: quelli della politica e della giustizia. Ieri, appunto, mentre imperversavano le polemiche sulla chiusura del CARA di Castelnuovo di Porto, l’ennesimo show down con la richiesta da parte del Tribunale dei Ministri di autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti di Salvini – per abuso di potere e sequestro di persone con l’aggravante dei minori – con riferimento all’emblematico caso della nave militare “Diciotti”, coinvolta nel salvataggio di oltre 170 migranti, nell’agosto 2018, quando rimasero per cinque giorni bloccati nel Porto di Catania in attesa di autorizzazione allo sbarco, peraltro negata per motivi politici appunto dal Ministro Salvini, per questo indagato e successivamente sollevato dalla ipotesi di reato, con richiesta motivata di archiviazione dalla stessa Procura della Repubblica di Catania. Dunque – senza sindacare le legittime autonome decisioni del Tribunale dei Ministri, che non ha ritenuto valide le motivazioni di archiviazione della Procura – l’idea che tutto finisca come nel 1848, quando i milanesi sfidarono il Governo Austriaco con lo sciopero del tabacco, innescando un meccanismo a catena che passò per buona parte d’Europa, da Parigi a Berlino, a Budapest, a Napoli, a Vienna, a Venezia e continuò passando per Roma con la proclamazione della Repubblica e la successiva caduta nel 1849, sorge spontanea. E sì, perché mentre dei protagonisti della vicenda abbiamo perso le tracce, rischiamo di infognarci in una storia per nulla propedeutica alla stabilità del Paese, visto il difficile equilibrio su cui si reggono istituzioni ed economia affidate ad un contratto di governo, che come alternativa ha soltanto una nuova consultazione elettorale dall’esito più o meno scontato, salvo l’appuntamento con le “Europee” il prossimo 26 maggio. Se la Giunta per elezioni e le immunità del Senato, presieduta da Gasparri, eletto con 15 voti su 23, a marzo, dovesse mandare sotto processo il Ministro Salvini, ci sarebbe per forza di cose un effetto devastante sul Governo e le alleanze, sulle Camere in odore di scioglimento e paradossalmente un assist straordinario per la raccolta del consenso proprio da parte della Lega e di Salvini. L’impressione che tutto questo avvenga, com’è giusto che sia, senza tener conto dell’Amba Aradam in cui ci troviamo, con il groviglio di problematiche cui siamo chiamati a far fronte nell’ambito di una rigidità di regole e ambiguità di rapporti, che ci vincolano comunitariamente all’Europa e che rischiano di farci perdere le ultime realtà strategiche essenziali come ad esempio Alitalia ( verso l’estero ma soprattutto per la mobilità interna se ne perdiamo la guida) e Fincantieri. Mentre i Presidenti Mattarella e Conte tessono la tela, giorno dopo giorno, si ha la sensazione che altri , forse per un destino cinico e baro, forse per il nostro DNA pieno di elementi contrapposti e di eccessi di facoltà immunitarie, la disfacciano, mentre qualcun altro in giro per il mondo approfitta delle nostre incertezze, della nostra debolezza costituzionale , probabilmente dovuta ad un eccesso di pesi e contrappesi e quindi dalla tentazione di sbilanciarne l’assetto, come avvenne con danni evidenti all’inizio degli anni novanta del secolo scorso. Ecco perché, mai come adesso, ritorna il mente il disandevole ottocentesco detto, equivalente al grillesco “vaffa”, di mandare tutto a carte quarantotto.
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