Di Ruggero Alcanterini
IN MORTE DI PIETRO MENNEA – Caro Pietro, sei stato capace di farmi piangere. Non mi succedeva da tanto tempo e il sentimento che provo sta tra lo sgomento e la rabbia. Ho la sensazione di aver perso con te un pezzo della mia ragion d’essere. Quando quarantasei anni fa Oberdan La Forgia e Ruggero Lattanzio mi convocarono a Barletta per conoscerti, ebbi una folgorazione, perché allora compresi come il diritto allo sport abbia un senso, soprattutto se consente ad un giovanissimo talento di esprimersi, di manifestarsi, anche se non esiste una pista e le condizioni sociali sono le più avverse. Pietro, per me rappresentavi la conferma che i sogni si possono realizzare e che la volontà e la determinazione possono trasformare ognuno di noi in un vincente, in un simbolo. Sei volato tra gli iperborei senza preavviso, veloce come la luce. Ancora una volta rimango stupito, ma la gioia di un tempo si è trasformata in sgomento, rabbia, commozione e incontenibile dolore.
Ciao Pietro. Ruggero
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