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DUE UOMINI SOLI AL COMANDO. SULLA VETTA DI BOREA, CLAUDIO FERRETTI ADESSO E’ CON IL PADRE, MARIO. L’editoriale del Direttore

                   

Dall’improvviso volo di Franco Lauro, verso Borea, è passato poco più di un mese e questo sudario, in cui siamo avvolti, si fa ancora più soffocante, insopportabile nel tenerci, presago di sventura, prigionieri. La brutta, pessima notizia di ieri sera è che con quella dell’amico Claudio, dopo la lontana eclissi del padre Mario, si è spenta la seconda voce dei Ferretti, straordinari solisti di un coro, di cui ci sentiamo onorati d’essere stati ed essere umili componenti. Chissà perché in questa nostra italica sicumera si fondono e si confondono veri sentimenti, reali capacità, naturali vocazioni e grandi talenti con opportunismi, favoritismi e automatismi di carriera… Io non arriverò mai a capire come si possano gettare via, negare le evidenze dei valori, si debba rinunciare al godimento comune di un bene, che non può prescindere dalla selezione naturale dei meriti. Eppure è avvenuto e continua ad avvenire, questo strazio del sovvertimento. Ecco, per Claudio Ferretti, che ho incontrato per la prima volta nella redazione sportiva RAI di Via del Babuino, nel 1966, tra la nebbia e le nuvole delle “Gitane” nella stanza dell’ammiraglio, Guglielmo Moretti, vale quel che ho pensato e continuo a pensare di altri grandi protagonisti del comunicare, destinatari a prescindere di un ruolo assoluto, straordinario, indefinibile nel tempo e nello spazio per i cantori degli antichi giochi, come delle moderne discipline sportive, galassia accomunata dal diapason delle emozioni e della cui esaltazione soltanto gli eletti sono stati e saranno capaci. Ecco, perché voglio rendere a Claudio non soltanto il merito, ma anche l’onore della ideale “Walk of fame” dello sport italiano, quella in cui si troverà in eccellente compagnia, con il padre Mario, fianco a fianco con uomini di assoluto valore, che molto hanno dato e che non in egual misura hanno ricevuto. Infine la melanconia della consapevolezza, di aver potuto condividere solo in minima parte le esperienze e le visioni di un uomo di cultura a di sport come lui, che ha lasciato tracce enciclopediche del suo sapere e che adesso, nel momento epocale della riflessione sul futuribile dell’agone, ci mancherà.

Ruggero Alcanterini

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