(1 APRILE 2020) REBUS VIRUS, VIVERE NON MORIRE – Scusatemi, ma oggi vorrei partire dal concetto di natalità e territorio, perché dopo la chiusura – che speriamo solo temporanea, legata a rischi di contagio da COVID 19 – del reparto di neonatologia agli Ospedali Riuniti di Anzio e Nettuno, il dubbio mi coglie. Vorrei capire se si conserva ancora il concetto di “città natale” o meno, salvo il residuo diritto di morire in casa, nel proprio territorio. Credo che dopo lo scempio del “Forlanini” a Roma, adesso una priorità assoluta sarà proprio quella di ripristinare prima possibile il Reparto di Maternità nel Nosocomio del Litorale a sud della Capitale, anche perché il disastro provocato con i tagli alla sanità non è soltanto imputabile a necessità di bilancio, ma soprattutto alla miopia di chi governa e che in un momento come questo dovrebbe capire che la salute ed i presidi di prossimità territoriale sono fondamentali. Che il diritto a nascere, mantenendo le proprie radici, è almeno pari a quello di morire nella vicinanza degli affetti. Insomma, avrete capito che adesso sopravviene anche l’affollarsi dei sentimenti non soltanto patri, che, come avrete capito, dalla prima all’ultima delle “circolari”, dei moduli, degli annunci, dei promessi bonus, la confusione se non è sovrana pur regna “coronata”. Ma perché intendo dare il misterico ruolo del rebus al virus? Perché stando in perenne stabulazione tra domestici confini, abbiamo anzitutto capito come funzionano gli “arresti domiciliari”, di fatto maturato nuove esperienze, recuperato memorie, smaltito il superfluo, verificato ipotesi, capito che chi si occupa dei nostri problemi, a prescindere dall’emergenza virale, non è necessariamente dotato di capacità supreme di discernimento ma, come noi, può titubare al punto di impantanare il sistema con una ipertrofia di circolari in aggiornamento continuo. Ed ecco, veniamo al concetto di rebus, all’incomprensibile da interpretare con una chiave magica o al lapalissiano in conserva da liberare con l’apriscatole. Provate a guardarvi intorno, ad interpellare a caso un qualsivoglia sito, che propone l’ultimo modulo di autocertificazione e sarete inesorabilmente sopraffatti da uno tsunami di moduli infarciti di proposte pubblicitarie, tutti apparentemente uguali ma diversi. Mettete il naso fuori dell’uscio e la testa vi girerà, in una follia di mascherine generate dal fai da te e da me, bandane, cravatte riciclate, ciarpame, a becco, sbrindellato, bisunto, ma ancora nessuna delle annunciate autarchiche filtranti, delle italiche riconversioni, imbrigliate dalla burocrazia, tanto quanto quel che capitava giorni addietro nelle dogane estere. Provate a capire qualcosa di quel che dovete fare tra sconti, rinvii e conferme per scadenze fiscali e pagamenti di utenze. Unica certezza, nessuna agevolazione riferibile ad anziani e pensionati, salvo la raccomandata lontananza dai nipoti. Adesso, dovremo affrontare il futuro prossimo, il trapasso tra il rosso e il verde, il rischio di partire e collidere con il giallo, di generare ancora più confusione, nella illusione che si tratti di epidemia e non di pandemia, di uno “scherzo” d’oggi “Primo d’Aprile” e non di una tremenda realtà globale in essere da mesi e confermata per un periodo futuro non soltanto prossimo. Questo, dunque, il rebus , la cui segreta chiave di lettura sta nel senso buono, nella capacità di vivere senza rischiare di morire.