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Il diporto del trasporto

Quando sette secoli fa, Giovanni Boccaccio, novellando dal Filostrato al Decamerone, ribadiva il concetto dell’agire e del girovagare per svago, coniando la parola “diporto”, non poteva immaginare che il trasferirsi su cavalli e carrozze avrebbe avuto o subito una mutazione rombante e sferragliante, ma ci poneva da par suo di fronte al profilo ludens dell’homo. Quando qualche giorno fa lo studente diciottenne Lorenzo Pianazza non ha esitato a saltare giù tra i binari della stazione metro Repubblica a Milano, per recuperare il piccolo Mohamed di due anni e mezzo, non sapeva che l’operatrice alla cabina di controllo, Claudia Castellano, aveva bloccato i treni in arrivo. Questo accadimento sulla linea gialla del trasporto underground meneghino, questo mix tra coraggio ed efficienza ha rappresentato emblematicamente il concetto di sicurezza che, nel campo del trasporto e non solo, presuppone la concomitanza di comportamenti virtuosi tra il personale delle aziende ed i viaggiatori. Questo è davvero un bel tema da affrontare per rendere più sostenibile l’intrapresa, sino a rendere possibile la necessaria combinazione chimica, affinché il viaggio, breve o lungo, sia più prossimo al paradiso che all’inferno. Se vanno rispettati orari e livelli di comfort di mezzi e stazioni, altrettanto occorre aspettarsi dalla collettività degli utenti e più in generale da parte di coloro che diversamente fanno uso improprio delle aree di servizio e del materiale rotabile con attività che nulla hanno a che fare con il sociale, né tanto meno con l’arte, ma col puro e semplice, gratuito vandalismo. La percezione della sicurezza è fondamentale per la qualità della vita e quindi è un problema di tutti, una causa da condividere senza se e senza ma. E a proposito del ma, secondo voi, per quale motivo bambini ed adulti continuano ad essere attratti , a sognare trenini filanti in tondo o in otto nello sterminato paesaggio della fantasia? Ma perché simulare il viaggio su di un treno sbuffante attraverso gallerie, passaggi a livello, scambi , viadotti, significa in qualche modo evocare la metafora della vita con tutte le sue problematiche ed i suoi miracoli, che giorno dopo giorno si realizzano, donandoci la gioia di esserci e di andare verso una immaginifica lontanissima destinazione, stazione, dopo stazione. Ecco, dunque, che la questione sociale del trasporto e di quello locale in particolare assume una rilevanza prioritaria, proprio adesso, quando apparentemente tutto sembra si possa risolvere nella solitudine telematica, a colpi di click su smartphone e computer, magari utilizzando avveniristiche piattaforme informatiche. Il recente quattordicesimo Convegno Nazionale sul Trasporto Pubblico Locale, organizzato con grande enfasi e premiato impegno dall’ASSTRA ad un passo da Fontana di Trevi , nel “gregoriano” Meeting Center di Piazza della Pilotta, ha messo a confronto l’Italia del presente con il proprio passato futuro, ovvero il sistema che supporta il quotidiano pendolare dei cittadini tra casa, scuola e lavoro, ma anche quella massa critica di visitor, di turisti della conoscenza e dello svago, che tanto sono necessari per dare sostanza e sostegno, risposta alle straordinarie motivazioni ed opportunità che il nostro Paese offre in ogni angolo del territorio e che abbisognano di prossimità, di raggiungibilità. In poche parole, occorre che ce se ne faccia una adeguata ragione e si metta mano ad un piano razionale di adeguamento in termini qualitativi sia del trasporto su ferro, che su gomma. E cosa dobbiamo intendere per qualità, se non il livellamento degli standard con quelli stessi voluti per l’alta velocità ? Probabilmente, qualcuno continuerà a fare i conti con la coperta corta del bilancio statale, delle regioni e degli enti locali, ma non c’è via di scampo: come per la sanità, il trasporto pubblico è vitale per la società civile, che deve avere certezze per un futuro di rinascenza nel rispetto delle regole, principio fondamentale del fair play, naturalmente basato sui diritti , senza prescindere dai doveri.
( FILOSTRATO, di Giovanni Boccaccio – parte seconda – V – 33 )
Io vo’ con teco partir queste pene,
Se dar non posso a tua noia conforto,
Perciocchè coll’amico si convene
Ogni cosa partir, noia e diporto…

 

Ruggero Alcanterini

Direttore responsabile de L’Eco del Litorale

 

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