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L’ORO DELL’EURO, L’ORO DEL RENO

17 SETTEMBRE 2016 -. – Ieri, il Presidente emerito Azeglio Ciampi ci ha lasciato, tentando di farlo com’era nel suo stile, in punta di piedi. Ma ahimè, la sua storia legata a filo doppio con la nascita della moneta “unica” europea, l’Euro – che ci ricorda Leonardo, con l’Uomo Vitruviano, inciso da Laura Cretara – non lo ha preservato né da lodi, né da critiche, post mortem. Sempre ieri, il premier Renzi ha concluso con disappunto il vertice europeo di Bratislava, disertando la conferenza stampa con Merkel e Hollande. Sicuramente Ciampi ha avuto il merito di restituire al Paese una parte di quei valori che dall’Inno alle parate del “Due Giugno” erano parte fondamentale di una identità, che si stava perdendo nel vortice perverso ingenerato dallo tsunami “mani pulite”, che aveva travolto ogni cosa, di buono e di cattivo. Nei primi anni novanta, in una situazione di debolezza assoluta per la politica, furono i “tecnici”, gli esperti della finanza, a decidere per gli italiani storditi da quella che oggi possiamo definire una tempesta perfetta. Il cambio Lira-Euro fu assolutamente inadeguato per difetto, ingeneroso,come i parametri debito pubblico/PIL concordati a Maastricht il 7 febbraio del 1992 per il ruolo baricentrico dell’Italia, nonostante la forte difesa da parte dello stesso Ciampi e quindi l’Accordo vide entrare l’Italia nel sistema, pagando il prezzo del dimezzamento delle risorse nella disponibilità di tutti, dopo aver subito il prelievo sui conti bancari e versato la tassa d’ingresso tra il 1993 e il 1999. Sicuramente il “muro” degli esperti in materia impedirà a chiunque di dimostrare che si sarebbe potuto fare diversamente, se non il contrario (come la Gran Bretagna, la Svezia, la Norvegia, l’Islanda e la Danimarca, dove il mantenimento della Corona fu deciso con un referendum nel 2000) ma che l’Italia si sia impoverita a beneficio di altri è fuor di dubbio. Chiedetelo ai pensionati, agli stipendiati a chi dal 2003 ha dimezzato il valore dei risparmi per poi estinguerli per sopravvivere, a chi ha perso irrimediabilmente il lavoro, a chi non lo ha mai trovato e a chi non andrà mai in pensione e vive con quella dei genitori e dei nonni, agli stessi immigrati regolari e clandestini che tentano disperatamente di andare in Germania, piuttosto che in Francia o Inghilterra, sapendo in che situazione è il Bel Paese. Chiedetelo alle vittime delle mancate manutenzioni per mancanza di fondi e si vedono piombare gli alberi in testa o vengono travolti nelle città da torrenti d’acqua che si gonfiano sulle strade, dove i tombini sono otturati da anni. Strutture pubbliche, impianti sportivi, manufatti di valore lasciati andare in rovina per rispettare parametri di assoluto comodo per chi se ne avvantaggia, ma folli e demenziali per chi ne subisce le perverse conseguenze . Ecco, dunque, che appare oggi chiaro il progetto ìniziale di chi lo generò con cura all’inizio degli Anni Novanta e che ora ne sta raccogliendo palesemente i benefici. L’oro dell’Euro non è finito nel Tevere e nemmeno nella Senna, ma nel Reno.
Ruggero Alcanterini

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Ruggero Alcanterini

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