Dunque ieri, come prevedibile, si è scassata l’ultima velatura del possibile nesso tra le forze politiche rappresentate in Parlamento, Camera e Senato, per la XVIII Legislatura. Dopo le moine sullo scostamento di bilancio, attribuite le presidenze delle commissioni Permanenti, aperta la via al MES, sfiorata l’ipotesi di una Bicamerale, ieri, che non era un giorno qualsiasi, si è chiusa la partita. Giusto il 30 luglio si celebrava la “Giornata internazionale contro la tratta degli esseri umani” e questo per decisione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2013, dopo che nel 2010 aveva adottato un piano generale d’azione. Peraltro, sempre ieri, si celebrava eufemisticamente anche la Giornata Internazionale dell’Amicizia. Diciamo che ne basta e ne avanza, per dire che il via libera al processo “Open Arms” contro l’ex Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, dato con uno scarto di otto voti tra maggioranza e opposizione ( 149 a 141) segna un ulteriore scivolamento dei partiti sul piano inclinato che, dall’inizio degli anni novanta del secolo scorso, ha rotto gli equilibri creati con la Costituzione repubblicana del 1947. Che ci sia in essere una spaventosa movimentazione di persone per ragioni definite economiche, ma in realtà criminali e per interessi di soggetti terzi, che vanno ben al di la dello stesso sfruttamento dei ventuno milioni di persone, di fatto vendute e comprate a vario titolo, con il ventitré per cento di bambine ragazze, è fuori di dubbio. Che si decida di sospendere i flussi a metà del guado in vista delle italiche coste o che lo si faccia pagando il disturbo ai paesi di passaggio, dalla Turchia, alla Libia, salvo le vie di terra balcaniche, che si ripristini il traghettamento con le ONG al posto dei pescherecci tunisini, nulla cambia. In realtà, sappiamo che attraverso questi terminali fluiscono soggetti provenienti da paesi che nulla hanno a che vedere con le “amate sponde”, che sono dall’altra parte del mondo, ma che ritengono salvifico un approdo dalle nostre parti. Tutto questo per dire, che il sovvertimento degli equilibri costituzionali tra le camere rappresentative e i corpi separati dello Stato, avviato con danno irreversibile trent’anni fa, è pronubo e propedeutico al disastro, che interviene con l’immissione sregolata di variabili non suscettibili alle regole, come appunto numeri esponenziali di immigrati irregolari e in gran parte fuori monitoraggio, per assoluta inadeguatezza del nostro sistema. Il Paese può e deve farsi carico di un numero definito di persone in fuga per le ragioni umanitarie comprese dai protocolli internazionali. Per il resto, secondo le regole nazionali ed europee che tutelano il lavoro, con numeri definiti e indicizzati per gli extra comunitari, occorre chiudere con certezza la partita. Quando nacque, tra non pochi problemi, il Governo “gialloverde” e l’avvocato Giuseppe Conte fu indicato come Presidente di mediazione e garanzia tra le parti in causa, la strategia di contrasto all’attività delle ONG e delle cooperative “borderline”, che lucravano sull’accoglienza, era uno dei punti forti e condivisi del programma. Adesso, cambiato colore alla compagine di Governo, stante sempre il ruolo del Presidente Conte, quello che prima era un iconico stendardo è adesso un imbarazzante ricordo da rimuovere, insieme a leggi e decreti, che pur erano stati platealmente condivisi a livello istituzionale. Si voterà in sei/sette Regioni a settembre e quello sarà già un passaggio per capire quali siano gli orientamenti reali dei cittadini, adesso ridotti a semplici spettatori. Ma poi, esauriti tutti i rimbalzi possibili virali ed economici, eletto il Presidente della Repubblica, gli italiani potrebbero decidere, certo a tempo debito, di darsi nuove maggioranze e ribaltare ancora il tavolo. Chiaramente, questo appare come il modo per non andare da nessuna parte, come dalle trattative alla tratta, salvo alla malora.
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