Sabato 14 gennaio alle ore 11:00 c’è stato il presidio al Colosseo (Largo Gaetana Agnesi) per il trentennale della Legge Ronchey Il 14 gennaio 2023 la Legge Ronchey (4/1993), così nota dal nome dell’allora Ministro dei Beni Culturali Alberto Ronchey, compie trent’anni.
Una delle poche ad essere stata approvata all’unanimità dalla politica italiana, consente ai privati di entrare nei luoghi della cultura tramite la presa in gestione dei cosiddetti “servizi aggiuntivi”.
Quelli, cioè, che dovrebbero arricchire/agevolare l’esperienza del visitatore e contribuire al buon funzionamento del sito. Accoglienza, biglietteria e controllo accessi, maschere di sala; bookshop, cataloghi, guardaroba, noleggio di audioguide e supporti digitali per la fruizione museale; ma anche didattica e servizi educativi, visite guidate, organizzazione di mostre, spettacoli ed eventi. Un intero comparto del lavoro culturale che viene definito accessorio, ma che accessorio non è affatto. Non solo. Sancisce anche la possibilità, per le istituzioni pubbliche, di ricorrere a convenzioni con associazioni di volontariato aventi finalità culturali per assicurare l’apertura quotidiana con orari prolungati di musei, biblioteche, archivi, teatri.
A tre decadi di distanza dall’entrata in vigore della normativa, che avrebbe dovuto rappresentare una grande opportunità per i nostri Beni Culturali, in quando avrebbe portato lavoro, ricchezza e innovazione imprenditoriale all’interno di un settore in cronica crisi di risorse. L’eredità che ci troviamo a raccogliere, tuttavia, è tutt’altro che positiva. La legge ha, di fatto, aperto la strada al sistema degli appalti e delle esternalizzazioni che ci hanno condotto al disastro con cui oggi ci troviamo a fare i conti.
Aggiudicazioni con ribassi vergognosi, irregolarità contrattuali, lavoro sottopagato, instabilità. Personale esternalizzato che tiene aperti e rende fruibili spazi tanto cari a politica e turismo, ma che percepisce salari drasticamente bassi, i quali spesso generano redditi al di sotto della soglia di povertà, e viene privato di tutele e diritti. Una roulette della precarietà che si ripete, invariata, ogni volta che l’appalto scade e il nuovo bando viene vinto dall’ennesima società subentrante. A guadagnare sulle esternalizzazioni, d’altronde, non sono di certo i lavoratori e le lavoratrici, ma nemmeno lo Stato.
Gran parte dei ricavi finisce direttamente nelle tasche delle – poche – aziende private che nel corso del tempo hanno preso il posto delle istituzioni nella gestione dei beni culturali e che, grazie a percentuali estremamente vantaggiose sugli incassi dei servizi aggiuntivi, sono diventate dei veri e propri “colossi del patrimonio”. Mentre dove non c’è profitto per terzi, non ci sono neppure servizi aggiuntivi. La possibilità di arruolare volontari ha avuto poi conseguenze devastanti in primis in termini di ricaduta occupazionale, con l’abuso del ricorso al volontariato in sostituzione del lavoro retribuito, ma anche nella riduzione della qualità dei servizi offerti, nello svilimento delle professionalità legate al mondo culturale, nell’impoverimento dei salari, nella diffusione di lavoro nero e di altre forme irregolari.
Per queste ragioni, proprio in occasione del suo trentennale, Mi Riconosci? ha organizzato insieme a CLAP e Slang-USB, un presidio al Colosseo: il monumento più visitato d’Italia, luogo simbolo delle conseguenze della Legge Ronchey ove i servizi sono in gestione alla stessa azienda dal 1997, con proroga ventennale, e dove ora un centinaio di lavoratori, al cambio (dopo 25 anni!) di appalto, rischiano di perdere il lavoro.