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A BEIRUT, BOTTO MEDITERRANEO – L’editoriale del Direttore

Delle due, l’una: o dopo decenni e decenni di vita sul filo del rasoio, l’idea della sicurezza diventa labile e opinabile come per i viadotti e le gallerie delle nostre autostrade, oppure, aver lasciato al centro di Beirut duemilasettecento tonnellate di nitrato di ammonio, rappresenta la differenza che può esserci tra il rischio calcolato e la follia. L’esplosione di ieri non ha soltanto distrutto la Capitale, ma ha messo in ginocchio l’intero Libano, destabilizzando ulteriormente un’area di per se già critica, ma da sempre cuscinetto tra realtà complesse, che fanno del Mare Nostrum un problema, piuttosto che un vantaggio. Ve lo scrivo con molta serenità di giudizio, avendo anche un minimo di conoscenza di situazioni e luoghi: il disastro di ieri, le cui cause sono tutte da appurare, peggiora di gran lunga la situazione generale e se volete anche quella in particolare dei conflitti guerreggiati e dei flussi migratori, che sono sempre suscettibili alle variazioni degli equilibri in Oikoumene, la casa comune dei popoli del Mediterraneo, di cui noi siamo coinquilini. Provate a farvi un film, dal sequestro di una nave carica del componente principe del cocktail esplosivo, che viene servito sistematicamente come aperitivo di guerra, morte e disperazione sino all’Iraq, passando per la Siria e che cosa accade? Il tutto viene stipato e custodito, in attesa che accada qualcosa. Appunto il botto, che mette in ginocchio una componente strategica, se non vitale, per chi spera nella pace e in un ritorno alla prosperità. Il “Cui prodest ? ” di ciceroniana memoria torna in ballo e ripeto, casuale o doloso che sia, il fatto è gravissimo e ci coinvolge, al di là dei nostri due militari nella Missione UNIFIL feriti. Credo che sollecitare una diversa strategia della Unione Europea e dell’Italia, al riguardo, costituisca davvero il minimo sindacale, visto che ormai tutti e da troppo tempo mettono le mani, piuttosto che il becco in situazioni in cui noi siamo esposti, oltre che con la faccia, anche con il resto, dall’economia del petrolio e del gas alla nostra stabilità sociale e politica. D’altra parte, riflettendo sulle ”ultime” riguardanti i nostri fatti interni, sorvolando sull’ennesimo sconcerto relativo al processo di riforma dello sport italiano, rimasto alla formula data da Ferretti e Turati nel 1927, la cosa che mi ha colpito è che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell’incontro con i Governatori delle Regioni, ha ricordato il ruolo delle Provincie, oltre che quello dei Comuni. Bene, sappiamo tutti che le Provincie, pur garantite dalla Costituzione, fondamentale nesso per il Bel Paese, oggetto di miope riforma negli anni duemila, sono state devitalizzate, al punto di lasciarne appena parvenza e di creare un vulnus assurdo, rispetto alle vecchie competenze, con tutte le conseguenze del caso, a cominciare dai territori abbandonati al degrado ed agli incendi, alle strade divenute pericolose, se non impraticabili, agli immobili non manutenuti. Forse bisognerebbe ammettere gli errori a suo tempo compiuti, farne ammenda e riparare, prima che sia troppo tardi, come l’Aquila accerchiata dal fuoco insegna.

Ruggero Alcanterini

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