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Anzio – Venerdì 1 luglio alle ore 18.00, all’Hotel Lido Garda, la presentazione del libro dedicato a Michele Colella “Lo Splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento”, scritto da Clemente ed Alvaro Margliani

Sarà presentato venerdì 1 luglio alle ore 18.00, presso l’Hotel Lido Garda di Anzio, il libro edito dalla Tipografia Marina  dal titolo “Lo Splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento”, scritto da Clemente ed Alvaro Marigliani con l’introduzione del Cardinale Angelo Comastri,  Presidente della Fabbrica di San Pietro e Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano. All’importante evento culturale interverrà il Sindaco di Anzio, Luciano Bruschini.

 

Prefazione del libro “Lo Splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento”:

 

Come succede alle persone, anche alle città succede di cambiare volto e aspetto. Un cambio di aspetto per Roma, città eterna ma viva e non statica, è avvenuto anche nella grande stagione del Rinascimento, oltre che poi ancora nel barocco e nell’epoca post-risorgimentale. E viene da chiedersi come si presentava nel Cinquecento la città dell’impero e del papato, prima e durante l’età d’oro rinascimentale. In quel tempo non c’era, è vero, la fotografia e la telecamera, ma c’era l’arte, nata di recente, dell’incisione sulle lastre di rame e della stampa. E, soprattutto, c’erano da una parte gli artisti incisori che in quel tempo fiorirono come mai più è poi successo, e c’erano gli editori. Fra gli editori degni di nota vanno menzionati Tommaso Barlacchi, Francesco e Michele Tramezzino, Bartolomeo Faleti, Paolo Graziani, Vincenzo Luchino, Pietro Palumbo, Mario Cartaro, Giovanni Battista de’ Cavalieri, Marcello Clodio, Lorenzo Vaccari, ma soprattutto Antonio Salamanca e Antonio Lafréry. A questi ultimi due si deve la più rilevante produzione di stampe che illustra la Roma rinascimentale. Un bravo editore è quello che sa circondarsi di bravi incisori, e fra gli artisti del bulino che hanno inciso le stampe qui raccolte sono Marcantonio Raimondi, Marco Dente, Agostino Veneziano, Cherubino Alberti, Nicolas Beatrizet, Giulio Bonasone, Cornelis Bos, Jacobus Bos, Gian Giacomo Caraglio, Giovanni Ambrogio Brambilla, Natale Bonifacio, Cornelis Cort, Pieter Perret, Diana Scultori, Antonio Tempesta, Giovanni Battista de’ Cavalieri, Étienne Du Pérac, Giorgio Ghisi, Enea Vico. Compiuta su varie collezioni private, questa raccolta, offre uno spaccato di prima grandezza sulla produzione grafica romana del Cinquecento perché presenta e illustra 355 incisioni, le quali coprono l’arco temporale che va dal 1500 al 1605, e che provengono in gran parte dalle due più prestigiose botteghe: quelle appunto del milanese Antonio Salamanca, attivo a Roma dal 1516 nel rione Parione per più di 46 anni fino al 1562, anno della sua morte, e del francese Antonio Lafréry, originario di Orgelet, nella Franca Contea, attivo dal 1544 al 1577 in via del Parione, l’attuale via del Governo Vecchio, nei pressi di Piazza Navona. Il catalogo del volume è diviso in tre grandi sezioni. La prima è dedicata alle incisioni derivate dai grandi artisti del tempo (1), da Michelangelo a Raffaello, Giulio Romano, Baccio Bandinelli, Perin del Vaga, Giovanni Antonio Dosio, Girolamo Muziano, Parmigianino, Polidoro da Caravaggio, Rosso Fiorentino. La seconda è dedicata alle rovine della «Roma antica» così come sopravvivevano nel Cinquecento o come ne ricostruivano idealmente il primitivo aspetto gli artisti. La terza invece raccoglie le immagini della «Roma moderna», quella su cui stavano mettendo mano i grandi artisti rinascimentali. Le raffigurazioni di «Roma antica» sono raggruppate come segue: (2) Architetture ed elementi decorativi, (3) Archi di Trionfo e Porte cittadine, (4) Obelischi e Colonne, (5) Statuaria, Bassorilievi e temi miscellanei. – La parte di «Roma moderna» o cinquecentesca, è a sua volta così articolata: (6) Le principali nuove architetture della Roma del Cinquecento, (7) Castel Sant’Angelo, (8) La nuova basilica di San Pietro e il Vaticano, (9) Le Sette Chiese visitate dai pellegrini soprattutto negli anni giubilari, (10) La ritrattistica, e (11) Le Piante di Roma. Dei testi in latino che accompagnano le immagini si è data la traduzione in italiano perché spesso sono didascalia non solo illustrativa e documentale delle figure, ma anche loro indispensabile chiave d’interpretazione. Fra l’altro il latino dotto del Cinquecento è spesso tanto ricercato e artificiale da collocarsi al limite della comprensibilità, come documentano le poche e parziali traduzioni disponibili. L’interesse di queste stampe è molteplice perché documentano sia l’amore degli uomini del Rinascimento al grande passato di Roma, sia una delle epoche più feconde in cui la città si è arricchita di nuovi capolavori assoluti, sia la presenza simultanea in una sola città di grandi artisti impegnati in un’arte “minore”, quella dell’incisione, i quali sono di conseguenza anch’essi ritenuti “minori”, ma che in realtà avevano la mano d’oro nel disegno da tracciare a rovescio su di un materiale ostico come il rame.

Sara Stopponi

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