Roma, la questione relativa all’elettrosmog ed alle antenne tiene sempre più banco: interviene il TAR, cosa sta accadendo
Ti sei mai chiesto cosa proveresti a scoprire che, senza troppo preavviso, nel giardino accanto casa tua stanno montando un’enorme antenna per la telefonia mobile? Non una, ma magari due, tre. È quello che sta accadendo in diverse zone di Roma, e non è più solo una questione tecnica o burocratica.
Dietro ogni ricorso, ogni contestazione, ci sono famiglie, comitati e persone comuni che cercano di difendere il proprio quartiere. Dopo il caso noto di San Saba, anche a Colle dei Pini i cittadini hanno ottenuto un’importante vittoria legale contro l’installazione di nuove stazioni radio base. Una sentenza del TAR ha infatti riconosciuto la validità delle loro preoccupazioni.
E non si tratta solo di “non voler vedere un traliccio dal balcone”. Come ha spiegato Giuseppe Teodoro, vicepresidente dell’associazione Ecoland, il punto è che non ci si può affidare al cosiddetto silenzio-assenso per autorizzare impianti in aree paesaggisticamente vincolate, senza aver svolto un’istruttoria seria.
“Serve un’analisi concreta”, ha ribadito, “che dimostri l’impossibilità di soluzioni alternative e che rispetti il contesto”. Un messaggio chiaro, che ha trovato sponda nel giudice. Ma la vera domanda è un’altra: come può una città come Roma affrontare la sfida dell’innovazione tecnologica senza calpestare le esigenze di chi la vive ogni giorno?
Il problema, come spesso accade, è strutturale. Il famoso piano delle antenne, previsto dal PRG fin dal 2008, è stato ufficialmente cancellato con una delibera del Comune di Roma nel dicembre 2024 (DAC 169/2024). Una scelta che, secondo molti osservatori, ha aperto la strada al far west degli impianti.
Non è un caso se sempre più comitati stanno portando avanti battaglie legali, autofinanziandosi per difendere il proprio territorio. “È assurdo dover sempre arrivare in tribunale per veder riconosciuti i propri diritti” commentano da Ecoland. Ma qualcosa, forse, si muove.
Una voce nuova è arrivata dall’assessora Monica Lucarelli, che ha aperto a un confronto serio: da un lato riconoscendo che la rete mobile di nuova generazione – e domani anche il 6G – è fondamentale per l’innovazione e i servizi digitali; dall’altro ammettendo che Roma non è una città qualunque. S
erve un piano urbano di localizzazione ragionato, che rispetti il patrimonio storico e paesaggistico. Da qui la proposta di attivare due tavoli tecnici: uno con la Sovrintendenza, l’altro per la pianificazione vera e propria. E i cittadini? “Devono farne parte” è la richiesta dei comitati. “Non come spettatori, ma come interlocutori attivi, con rappresentanti esperti”.
Ora il bivio è chiaro: continuare con installazioni selvagge e ricorsi a catena oppure costruire un percorso condiviso, che sappia coniugare innovazione e tutela. Il rischio, se si continua ad ignorare la voce di chi abita i territori, è quello di compromettere proprio quella “attrattività” che le nuove tecnologie dovrebbero potenziare. D’altronde, che valore ha il progresso se non riesce a dialogare con chi ne sarà il primo destinatario?
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