Non si è spenta la eco delle strabilianti vittorie, europea del pallone ed olimpiche, delle quattro decine di medaglie conquistate e della super classifica planetaria ottenuta dal Bel Paese, che per gli azzurri inizia un autentico tsunami di affermazioni, anche sul versante paralimpico, sempre in quel di Tokio. Dunque agli allori si aggiungono allori, a conferma che sull’alto livello non temiamo smentite, nemmeno tra i diversamente abili. Ma adesso, dopo le ulteriori congratulazioni di rito da parte dei vertici istituzionali, vieppiù si avverte la necessità anche morale di colmare il divario, di cancellare il vulnus paradossale che divide l’eterogenea base dal vertice, insomma gli italiani della porta accanto, imbolsiti e sbilenchi, da quei “semidei” capaci di salire ovunque sui podi e sui gradini più alti, dando dimostrazione che volere è potere, che lo sport si può coniugare con la salute, purché ce ne siano le condizioni. Per questo, il nostro auspicio è che non si perda l’attimo fuggente, l’opportunità di dare non soltanto un segnale, ma di avviare una seria azione di Governo, che porti senza indugi l’attività motoria nelle scuole primarie e nelle periferie, nelle case, tra i giovani, gli adulti e i super adulti, di qualsiasi censo e condizione fisica, come forma intelligente di welfare, mirato ad una qualità diversa della vita, anche da un punto di vista sociale. Occorre pensare seriamente alla transizione sportiva dell’Italia, insieme a quella digitale ed ecologica, contestualizzandola in quella più ampia, fondamentale, da cui non dobbiamo prescindere, quella etica.