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Alla Fidal, Adolfo Consolini torna in pedana

E sì cari amici, mancano pochi giorni al Natale e lo sport, com’è tradizione, si commemora e si continua a festeggiare. Ieri pomeriggio, nel tritacarne del traffico romano, rinforzato dalla sfida calcistica tra la Roma e il Torino, il mondo dell’atletica, con il Presidente Giomi, ed il vertice del CONI, con il Presidente Malagò e il Segretario Generale Fabbricini, hanno onorato la memoria di Adolfo Consolini, altro pilastro …per i XVII Giochi di Roma, come Don Emilio Recchia, il “Parroco Olimpico”, perché lui, già oro a Londra nel ‘48 e pluriprimatista del mondo del disco, concluse il suo ciclo “pentacerchiato” giusto nel 1960 con lo storico giuramento in rappresentanza della moltitudine partecipante. Tanto era forte e dinamico in pedana, tanto era riservato e moderato nella vita, che quel giuramento ne fu la mera rappresentazione. Diciamo che ieri si è aggiunto comunque un tassello alla esigenza di riconoscere le nostre radici e di decifrarne il DNA, posto che la storia del discobolo Consolini ne è l’ennesima esemplificazione, ovvero che i campioni nascono tali e la ventura li porta alla ribalta. Sembra che Adolfo, figlio di agricoltori, sia scaturito da una competizione di lancio della pietra e poi rapidamente con l’amorevole aiuto della sapienza tecnica abbia raggiunto i massimi livelli. Il “futurista” Giorgio Oberweger riuscì ad ottimizzarne le qualità, trasfondendogli quel movimento che lui aveva inventato per se stesso già nel 1936, quando la leggerezza si fece forza e lo rese protagonista di una sfida incredibile con il colossi americani, con un “bronzo” quasi argento. Ecco, ogni volta che si va in pedana con il disco si rievoca quanto di più sacro e classico ci possa ricordare lo sport, con quel movimento plastico immortalato da Mirone di Eleutére due millenni e mezzo fa e dinamicamente riproposto negli anni trenta dal futurista Gerardo Dottori, come oggi da Roberto Albini, autore della bellissima copertina del libro su Adolfo Consolini, realizzato da Carlo Santi come uno scrigno dagli straordinari preziosi contenuti, firmati dal meglio del meglio del giornalismo italiano, dal prefatore Augusto Frasca all’affabulatore Brera.

Ruggero Alcanterini

 

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