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Alfie e la legge dei sentimenti

Credo che per certe situazioni non dovrebbe esistere altro che la legge dei sentimenti, eppure capita che una law, magari seicentesca, come quella inglese, si imponga sulla volontà degli uomini o addirittura – come nel caso del piccolo Alfie di appena due anni – su quella dei genitori, davvero gli unici a dover decidere per lui. La giustificazione scientifica dei medici inglesi è stata quella di non voler prorogare un accanimento terapeutico nei confronti di un soggetto, cui il male aveva compromesso le capacità cerebrali. Secondo questo trimillenario principio spartano, sul Monte Taigeto, dovrebbero essere abbandonati all’inesorabile destino milioni di non autosufficienti e Dio sa quanti invece vengono assistiti con amore e sacrificio dai propri familiari, piuttosto che dallo Stato che se non ne decreta formalmente la morte, spesso gira la testa dall’altra parte, li ignora o non li soccorre adeguatamente. E’ evidente che il caso di Alfie è stato adottato dall’immaginario collettivo, anche come esemplificativo delle diverse correnti di pensiero sulle questioni del fine vita e del ruolo della podestà , nonché responsabilità genitoriale. Non mi interessa tanto la sfida diplomatica inscenata con la concessione della cittadinanza italiana ad Alfie, come tentativo di aggirare le pastoie inglesi e continuare le terapie a Roma o Genova, quanto il diritto di certi medici di decidere sul distacco della spina: quando chiesi al medico, in ospedale, quali fossero i motivi per cui mio padre avesse avuto un palese calo di condizione , sia pure debilitato da un decorso negativo post trauma , che si procrastinava da tempo , davanti a lui , in stato di apparente sopore, mi fu risposto: “ E’ inutile proseguire con le cure, perché sarebbe un accanimento terapeutico!” Il medico aveva deciso. Io a quel punto unii la mia mano destra alla sua e gli chiesi di rispondermi, di darmi un segno della sua volontà di vivere. Era più disperazione che speranza, la mia. E invece, puntuale, da quella mano un tempo vigorosa, venne la risposta con due quasi impercettibili ma decise pressioni del pollice : un autentico colpo al cuore ed alla mente, di cui ancora conservo la straordinaria sensazione insieme ad un senso di rabbia e impotenza, perché la spina venne comunque staccata e mio padre, Paris, volò in Borea, suo malgrado.

Ruggero Alcanterini

Direttore responsabile de L’Eco del Litorale

 

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