Nei Giri che ho cronometrato dal 1964 al 1991 è stato il “mio Patron” Nel 1964 avevo solo 22 anni e per timore reverenziale cercavo di evitarlo ma sulla scala di un albergo a Parma al terzo giorno di corsa mi fu impossibile scappare. Mi venne incontro:”non sò che ti hanno detto ma non mangio nessuno! Sò che sei un cronometrista, benvenuto al Giro e buon lavoro! e prima di allontanarsi mi mette una mano sulla spalla a mò di investitura cavalleresca”, da quel momento ero diventato e sono rimasto sempre uno dei Suoi”.
Ma Torriani è stata una Persona eccezionale non solo come Patron del Giro. Questa la biografia che ho ricostruito per ricordarlo.
“Era nato a Novate Milanese il 17 settembre 1918,diplomato ragioniere al Collegio San Marco di Milano il suo primo lavoro è stato quello di aiutare il padre nella gestione di un oleificio ma a soli 14 anni aveva già ideato tornei di calcio. Nel 1943 già noto nel mondo cattolico milanese decise di andare in Svissera e qui “organizzò” nei campi di raccolta sparsi per tutto il territorio svizzero una rete di assistenza che aveva dell’incredibile.
Nonostante i notevoli rischi Torriani fece entrare e uscire dalla Svizzera e circolare in territorio elvetico moltissime persone grazie ai suoi ottimi rapporti con un ufficiale dell’esercito svizzero.
Subito dopo la guerra iniziò a lavorare nel campo organizzativo.
A 28 anni infatti nel 1948 affiancò l’allora patron del Giro Cougnet e dal 1949 al 1991 ne è stato l’indimenticabile “patron”.
Cannavò ricordò così l’amico:”Vincenzo Torriani è un personaggio da romanzo popolare. Gino Palombi diceva;”Solo due persone in qualsiasi strada d’Italia vengono acclamate se si espongono dal tetto di una macchina: il Papa e Torriani”. Era vero. Avendo viaggiato con lui per oltre un decennio lungo le strade del Giro posso testimoniare di una sorte di misterioso automatismo. Vincenzo annusava la folla, apriva il tettuccio dell’auto e, dopo qualche secondo, il suo nome vibrava nell’aria con accenni di gratitudine. Al mare,in montagna,al Sud,al Nord dovunque ci trovassimo lui era l’uomo che aveva portato il Giro,regalando alla gente qualche riga dolce di un’inesauribile favola” e ancora: “La Corsa era la sua Dea, l’unica. Tutto il resto,anche i corridori,rientravano nel suo disegno supremo. In questo quadro di presenza totale totale e di difesa assoluta della Dea Corsa s’inserivano le sue collere leggendarie i suoi diverbi con uomini del Giro che lui amava e dai quali era riamato. Poi tutto si ricomponeva nel piccolo mondo antico del ciclismo dove gli amori non vengono mai traditi”.