– Una battuta dietro l’altra, sino all’epilogo del voto. Un bel tre per il trentatreenne uruguaiano Luis Suarez, supertitolato attaccante del Barça, in itinere da mercato tra Torino e Madrid e di passaggio per una verifica cognitiva a Perugia, dove ha incontrato Dante, giusto nel settecentesimo anno celebrativo della sua dipartita. Sembra che l’esamino presso la prestigiosa Università in Palazzo Gallega Stuart, già Antinori, non sia stato un atto d’amore per la nostra dolce lingua, quanto un complicato passaggio per la via della burocrazia che sovraintende al moderno gioco del pallone. Il “tre” sarebbe un voto disastroso, a fronte del sommo Alighieri, che nemmeno lasciò traccia del calcio fiorentino tra inferno, purgatorio e paradiso, ma comunque valido lasciapassare appunto per l’italico campionato. A tribune più o meno vuote, possiamo dircelo che uno “straniero” in più o meno in campo, in una logica assolutamente improbabile dell’appartenenza, non modifica una realtà in cui prevale l’aspetto industriale e fa delle bandiere e dei campanili un mero ricordo ed una effimera parvenza. Certo, in un momento in cui anche il consenso politico si riaggrega secondo logiche territoriali, regionali e comunali, avere squadre composte da giocatori espressioni di borghi, città, provincie e regioni potrebbe avere un senso catalizzatore di dimenticati valori, sino al rafforzamento della stessa Nazionale. In questo senso, si potrebbe cominciare a ragionare, orientando le pulsioni dei tifosi verso l’azionariato popolare e il volontariato di sostegno. L’esempio di una via possibile, equilibrata ed apprezzabile ci proviene dal calcio femminile, in crescita di gradimento ed oggetto di giuste attenzioni da parte federale e degli autori della nuova legge sullo sport.